22 novembre 2014

Un Milione di Modi per Morire nel West

Il cinema sembra essere il punto di approdo per tutti, ormai. Nonostante molti autori navigati affermino che la televisione è diventata la terra delle opportunità creative (da Friedkin a Soderbergh fino a Scott sono stati in molti ad elogiare la libertà che vige sul piccolo schermo a discapito delle imposizioni produttive che minano l'autorialità su quello grande), sembra che il sogno di fare un film non sia del tutto scomparso e, se noi abbiamo i nostri idoli che dalla televisione sbucano in sala, anche in America si condivide questo hobby. Uno dei tanti è Seth McFarlane che, dopo la fortunata serie animata I Griffin, ha ben pensato di tentare la via del cinema prima con Ted e poi con questa farsa in salsa western dal titolo infinito e dalle dubbie potenzialità di divertimento. Un milione di modi per morire nel west ha principalmente un grosso problema: scelte sbagliate. È sbagliato costruire un film sciocco e parodistico sopra una trama seriosa come quella dello scemo del villaggio che ha tutte le carte in regola per diventare, alla fine del film, l'eroe della storia, è sbagliato rincarare la dose di volgarità e battute oscene col pretesto di spacciarle per black humour (defecare in un cappello da cowboy e mostrare lo sterco in scena è black humour? Una prostituta prossima al matrimonio che non può sedersi perché il fondo schiena le brucia a causa del troppo lavoro è black humour?), è sbagliato allungare il brodo per arrivare all'ora e mezza facendo risultare questo film una lunga infinita puntata dei Griffin ambientata però nel vecchio West e, infine, è sbagliato avere Liam Neeson come cattivo e non farlo comparire per più di dieci minuti.

Dracula Untold

Non c'è voluto molto affinché anche Universal Pictures si accodasse a questo filone di film/spin-off a incastro che la Marvel/Disney ha inaugurato con il suo Cinematic Universe, seguita a ruota da Warner Bros. e dai suoi già annunciati film dedicati ai personaggi DC Comics. Universal, non avendo diritti su nessun universo fumettistico, ha deciso di puntare sul suo cavallo di battaglia: i mostri, lanciati e rilanciati, proposti e riproposti, già visti in tutte le salse. Oppure no? La scritta Untold che conclude il titolo del film in questione ci suggerisce qualcosa di sconosciuto, di mai visto, di appena accennato in altre pellicole; sarà la verità? Ebbene sì, Dracula Untold recupera l'incipit ideato da Francis Ford Coppola per il suo film dedicato al personaggio creato da Bram Stoker e ne fa una versione romantica e disperata, raccontando l'uomo dietro il mostro. Così Luke Evans presta il suo volto e il suo fisico ad un Vlad Tepes, principe impalatore costretto dal padre a combattere per il sultano e deciso a non far soffrire la sua stessa sorte a suo figlio. Così, pur di sconfiggere l'esercito del terribile sovrano, Vlad decide di immolarsi e di diventare la creatura che vive nella montagna.

21 novembre 2014

Boyhood

Esperimento cinematografico che ha fatto molto parlare di sé, questo film ha ricevuto migliaia di elogi da critica e pubblico, riscontrando pochi dissensi e un pugno di fischi. Eppure chi sta scrivendo si deve per forza mettere dalla parte di chi ne ha parlato male, non perché Boyhood non sia interessante, ci mancherebbe! Tutti trovano curiosa, particolare e coraggiosa l'idea di riprendere per dodici anni le stesse persone creando qualcosa che al cinema si è visto poco (badate, poco, non mai), ovvero l'età che cambia tutti noi, esteriormente e interiormente. Il problema forse sta tutto qui: quanto c'è di vero e reale in Boyhood, a parte l'ambizione con cui Richard Linklater ha imbastito tutto quanto? La pellicola vive di un'idea fortissima sottomessa però ad una sceneggiatura didascalica, finta, bugiarda e terribilmente cinematografica: il film che avrebbe potuto abbassare tutte le barriere che il cinema crea tra finzione e realtà è invece quello che contribuisce ad innalzarne ancora di più, perché è impossibile credere che una donna divorziata, madre di due figli, incontri solo ubriaconi violenti e uomini sbagliati, come non è credibile che nella vita si facciano solo poche cose: ascoltare e suonare musica, scattare foto, divorziare, traslocare, guidare e parlare. E quanto parlano, i protagonisti!

19 novembre 2014

Guardiani della Galassia

Uomini di latta, superuomini, giganti verdi, mutanti, alieni, supereroi con superproblemi, antieroi, eroi improvvisati, supergruppi; dopo una lista talmente lunga da permettere alle grosse major di propinarci un cinecomic al mese (all'incirca) la speranza in qualcosa di diverso, particolare, curioso e fresco era ormai svanita. Mai pregiudizio fu più errato: James Gunn entra in contropiede nel mondo dei fumetti, se ne frega di tutti, sta alle regole della Disney/Marvel ma si impone come un nostalgico autore di un cinema che ormai è merce sempre più rara, quei blockbuster che accontentavano pubblico, critica e botteghino e che servivano sì a rimpinguare le casse delle produzioni, ma che riuscivano anche ad offrire del sano divertimento goliardico senza la pretesa di puntare sull'eccesso di seriosità o sull'abuso della risata facile, con il rischio di rivolgersi ad un pubblico o di soli adulti o di soli bambini (leggi anche fanboy).
Guardiani della Galassia è finalmente del sano divertimento per tutti che non ha paura di mettere in gioco riferimenti sessuali e personaggi non completamente eroici, ognuno con il proprio obiettivo e i propri trascorsi, i quali si troveranno inevitabilmente a collaborare per necessità. Siamo ben lontani da quell'universo in cui Iron Man se la faceva nella tuta, o dove Spider-Man non sentiva il peso della morte di suo zio: qui, nella galassia, il passato è un tormento continuo, un'ombra dalla quale non si può fuggire e, sebbene ci si possa ironizzare sopra e riderci di gusto (e con gusto), c'è sempre quell'alone di timore che esso torni prima del previsto a bussare alle porte di ognuno dei personaggi principali. Certo, ci sono sempre i super colorati e pastellosi villain di casa Marvel da combattere, ma già lo scrollarsi di dosso l'ironia forzata e, soprattutto, il "bambino-di-riferimento" (il solito bimbo messo in scena affinché il pubblico di infanti possa identificarsi nella pellicola, lo potete trovare in Iron-Man 3, nei due The Amazing Spider-Man, in Thor - The Dark World e persino in The Lone Ranger, che non è Marvel ma è pur sempre Disney), limitando questa figura ai primi tre minuti, essenziali per entrare in empatia con Starlord già da subito: personaggio adulto e bambino nella stessa pellicola, è finalmente punto di congiunzione dei due diversi pubblici (colpo da maestro), impersonato dall'ottimo Chris Pratt. Poi c'è Zoe Saldana, riferimento femminile e quota rosa del supergruppo, il brutale dal cuore d'oro Dave Bautista e il duo di spalle comiche in CGI che hanno le voci di Vin Diesel e Bradley Cooper e che, se vogliamo seguire la folla che lo elogia a nuovo Guerre Stellari, possiamo paragonare a Ian Solo e Chewbacca. Ogni personaggio vuole essere compreso fino in fondo dallo spettatore che, divertito, si lascia trascinare in questa sfrenata corsa per tutto l'universo dove le emozioni non mancano, ma le quali non sovrastano in nessun modo tutto ciò che ci vuole per confezionare un ottimo blockbuster d'intrattenimento: ritmo, azione, divertimento, ottimi effetti speciali, regia pulita e mai caotica. Il tutto farcito da apprezzabili riferimenti alla cultura pop degli anni 70/80, dalle musiche al già nominato Star Wars. Speriamo solo che nel prossimo capitolo non si scopra che Starlord è il figlio di Darth Vader!

14 novembre 2014

Oculus - Il riflesso del male

Ci voleva proprio un bell'horror del genere, quest'anno! Finalmente un film che non lascia l'amaro in bocca a fine visione ma che soddisfa lo spettatore senza alte ambizioni, rimanendo ad un livello di aspettative normalissimo. Di che cosa avrebbe mai potuto parlare un film di nome Oculus - Il riflesso del male, se non di un misterioso specchio demoniaco capace di condizionare i pensieri delle persone e di plasmare il mondo che le circonda a proprio piacimento, creando illusioni e distorcendo la realtà? Il regista Mike Flanagan imbastisce assieme a John Howard una trama piuttosto semplice e lineare: Kaylie vuole dimostrare che la morte dei suoi genitori è stata condizionata e imposta dallo specchio di Russell e Tim, suo fratello, le dà una mano a distruggere per sempre l'oggetto. Niente di più basilare, dunque: affari in sospeso, uno strumento malefico, un passato burrascoso e del rancore che necessita di vendetta e riscatto. Flanagan però decide di giocare con il montaggio alternato, alterando la percezione della realtà sia dei suoi personaggi che del suo pubblico, confondendo continuamente lo spettatore senza giocare sui classici spaventi improvvisi istigati da effetti sonori esplosivi o da improvvisi tagli di montaggio.

13 novembre 2014

All is Lost - Tutto è Perduto

Prima di cominciare questo post preferirei spendere qualche riga di onestà con chi deciderà di leggere quanto segue: la mia riflessione mi ha imposto di raccontare più avanti il finale del film, finale prevedibile e ovvio, ma se non amate i cosiddetti spoiler, vi invito prima alla visione del prodotto e solo poi alla lettura di quanto segue.
Sopravvivenza, attaccamento alla vita, combattere contro le avversità che essa ci mette davanti giorno dopo giorno, alcune frasi che esplicano nel migliore dei modi il film in questione. Quante volte al cinema abbiamo assistito a storie di questo tipo? Uno degli ultimi esempi è Gravity di Alfonso Cuaròn, con cui All is lost - Tutto è perduto ha qualcosa in comune. Se nel kolossal fantascientifico avevamo una Sandra Bullock che cercava di sopravvivere nello spazio (alterato al fine di far funzionare la sceneggiatura), in questo film di J.C. Candor troviamo un Robert Redford disperso in mezzo al mare mentre la sua barca affonda a causa di uno scontro con un container abbandonato (o smarrito, poco importa).

6 novembre 2014

Interstellar

I presupposti per un buon film c'erano tutti: l'anno era positivo sia per Hollywood (i blockbuster di quest'anno sono stati abbastanza soddisfacenti, finora) sia per Matthew McConaughey, in piena forma dopo Dallas Buyers Club e True Detective, ed era dai tempi di The Prestige che il buon Christopher Nolan non si misurava con qualcosa di ambizioso tanto quanto lui. Il mondo dei sogni è un universo troppo piccolo per l'evasione pensata dal regista britannico per il suo pubblico, così decide di passare dal microcosmo della mente ed al suo parassita più resistente al macrocosmo del multiverso ed al SUO parassita più resistente. Dall'idea all'uomo, perché in fondo il cinema di Nolan è fatto anche di questo, di parassiti che vogliono solo sopravvivere e sopraffare e, per la prima volta (forse la seconda) nella cinematografia di questo regista, ci troviamo di fronte all'espressione più importante e condivisibile del suo pensiero: il futuro è in mano nostra.