10 novembre 2012

Il Sesto Senso

C'è qualcosa in questo film di terribilmente attraente. Ogni volta che lo guardo scopro sempre qualcosa di nuovo e di infinitamente bello. Ad ogni visione Il Sesto Senso riesce a colpirmi per qualcosa di diverso, qualcosa che magari avevo tralasciato durante la visione precedente, o qualcosa a cui non avevo dato peso precedentemente. C'è anche da dire che, personalmente, sono sempre stato molto colpito dall'immaginario visivo e tematico del regista M. Night Shyamalan, capace di riportare in auge gli ideali ormai dimenticati della religione. I rimandi a quei temi, anche in questa pellicola, sono tanti, forse anche di più a causa del fatto che si parla dell'aldilà. Se però ci fate caso in tutte le sue pellicole più importanti (Signs, ad esempio, oppure anche Unbreakable), qualcosa di religioso salta fuori.
Il modo in cui Shyamalan riesce ad inserire la spiritualità all'interno di un contesto apparentemente opposto mi ha sempre colpito. Se poi pensiamo a tutta la storia che c'è dietro a Il Sesto Senso, non ci vuole molto a farlo diventare uno dei film che più preferisco. Il modo in cui gioca con le inquadrature e nasconde la verità fino alla fine del film è magistrale, e l'utilizzo sapiente della macchina da presa e delle tecniche di regia è altrettanto stupefacente. Ci sono tre o quattro leggerissimi piani sequenza che mozzano il fiato, come fa del resto anche il connubio perfetto tra le musiche di James Newton Howard e gli effetti sonori pronti a farti saltare dalla poltrona in ogni momento. C'è, però, chi dice che è stato capace di intuire subito il finale di questo film, e che tutto era prevedibile già dall'inizio. A loro io dico: sì, è piuttosto prevedibile, ma solo se fate del personaggio di Bruce Willis l'unico protagonista della storia. Se, ad esempio, trattate il piccolo Cole interpretato da Haley Joel Osment come una spalla o un co-protagonista, l'effetto sorpresa non funzionerà. Le storie dei due personaggi si intersecano e proseguono assieme fino alla fine, dove ognuno dei due prende coscienza della propria condizione e decide di conviverci. Vista in quest'ottica, la pellicola ribalta completamente la sua tematica, e non si parla più di vivi e di morti, ma di riflessioni interiori e di ricerca del proprio posto e della propria utilità nei confronti degli altri e della società. Lo scoprirsi, l'interrogarsi su sé stessi e il comprendersi, nonché l'accettarsi per ciò che si è, sono questi i temi che mantengono saldo lo script de Il Sesto Senso, reso ancora più efficace dalla lugubre e precisa fotografia di Tak Fujimoto. Se proprio vogliamo trovargli una pecca, quella è il montaggio di Andrew Mondshein, non perché sia brutto, ma perché è solamente uno strumento al servizio della geniale regia di Shyamalan. Il montaggio ha il solo scopo di enfatizzare la tensione, la suspense e i momenti di importanza emotiva, non ha un utilizzo stilistico particolare e per questo è forse il punto più debole del film, ma solo se preso da solo, perché inserito in questo contesto preciso e meticoloso, anch'esso ha un significato ben preciso. In assoluto uno dei film più efficaci che io abbia mai visto.


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