10 novembre 2012

I Bambini di Cold Rock


Ci vuole un po’ di tempo per digerire l’introduzione de I bambini di Cold Rock, a causa della sua lentezza nell’avviare una storia piuttosto interessante ma che qua e là si trova priva degli spunti giusti o utilizzati giustamente. Se però l’inizio fatica a prendere velocità, la parte centrale della storia fa il suo dovere e regala al pubblico tutti gli ingredienti che devono essere usati per preparare un thriller di questo genere: suspense, emozione, effetto sorpresa e ottima tecnica.
Purtroppo il finale recupera quel tempo lento e cigolante che aveva introdotto tutto il primo atto, facendo in modo che tutta l’attenzione accumulata poco prima inizi lentamente a scemare a causa di una spiegazione troppo didascalica e, oso dire, tirata troppo per le lunghe. Il faro della pellicola è sicuramente Jessica Biel che, memore degli horror ai quali ha partecipato durante la sua carriera, porta sullo schermo un personaggio ambiguo ed efficace, pronto ad essere amato e odiato allo stesso tempo da uno spettatore avido di sapere. Non mancano da parte del regista Pascal Laugier le citazioni ai più importanti film del genere, tra i quali spicca decisamente Shining per le numerose strizzatine d’occhio che Kubrick riceve da parte del regista. Ad aiutare arriva l’ottima fotografia di Kamal Derkaoui, che incornicia le sequenze in maniera esemplare, seppur classica. Peccato, come ho già detto, al ritmo eccessivamente altalenante, a qualche colpo di scena troppo telefonato e, soprattutto, ad alcune linee di dialogo decisamente superficiali e troppo poco riflettute. Ciò che appare, infatti, è uno script dalle ottime potenzialità sfruttate superficialmente e con uno studio da minimo sindacale. È impossibile negare che il film lasci qualche interrogativo alla fine della visione, ma è altrettanto impossibile dire che alcuni di questi non siano sulle scelte operate durante la stesura della sceneggiatura scritta dallo stesso regista. A non convincere sono inoltre le musiche di Todd Bryanton, che si sovrappongono perfettamente alla messa in scena, ma che non danno nessuna sensazione particolare durante il loro ascolto. Insomma, alla fine quest’ultimo lavoro di Pascal Laugier si lascia guardare senza troppe pretese, lasciando una soddisfazione incompleta allo spettatore che si aspettava qualcosa di più del solito progetto interessante portato sullo schermo troppo frettolosamente. Qualche spunto interessante per una riflessione post-visione assieme agli amici c’è, ma se state cercando la pellicola indimenticabile che vi farà soffrire assieme ai personaggi della storia, non è questo il caso.


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