15 maggio 2013

Confessions

Il cinema orientale è sempre una scoperta, almeno per quanto mi riguarda. Sempre bistrattate dal pubblico nostrano, le opere che arrivano dall'Oriente risultano sempre una bella scoperta, soprattutto se recuperati al cinema, nonostante arrivino nel nostro paese con ritardi mostruosi e, spesso, in un ridottissimo numero di copie. A causa di questo snobismo che pervade l'Italia, una buona fetta del pubblico contemporaneo si vede costretto a perdersi la visione di meravigliose opere dal tocco autoriale come Confessions, geniale pellicola di Tetsuya Nakashima, il quale ne firma sia la sceneggiatura che la minuziosa regia. Generalmente non perdo tempo a raccontare le trame dei film, reperibili ovunque, ma qui è necessario stendere un paio di punti per capire come la regia sia funzionale alla storia: la figlia dell'insegnante Moriguchi (una meravigliosa Takako Matsu) è stata uccisa da due ragazzi della sua classe, dapprima presentati come povere vittime delle conseguenze ma che lentamente si scoprono per ciò che realmente sono.
Tutto questo viene raccontato dalle voci dei protagonisti della vicenda, in un coro di confessioni (da cui il titolo) che mettono in mostra i diversi punti di vista, raccontando poco per volta i fatti e creando anche un effetto di suspense che non guasta mai. Nakashima è geniale nel giocare con le voci dei suoi protagonisti e nel fondere assieme gli eventi, snocciolando pian piano tutte le notizie di cui si ha bisogno e facendo in modo che lo spettatore non si annoi mai, nonostante una prima parte leggermente più sottotono rispetto al resto della pellicola, forse anche perché il film prende subito i toni dilatati e lenti che manterrà dall'inizio alla fine, per cui chi guarda deve entrare in sintonia con il ritmo e la narrazione della pellicola. Tutto il lavoro, oltre ad essere raccontato per buona parte da voci fuori campo, è stato realizzato utilizzando la tecnica del ralenti per sottolineare la sospensione e la distanza dalla realtà dell'opera rispetto a ciò che si vuole raccontare. Nessuna enfasi viene data dal ralenti, nessun momento particolare viene evidenziato, ma esso risulta essere una modalità narrativa utile dall'inizio alla fine affinché Nakashima possa offrire al suo pubblico una visione surreale, fredda e quasi onirica della vicenda, proprio come un ricordo o un pensiero, ancora più riuscito grazie alle monotone e sempre presenti musiche di Toyohiko Kanahashi, le quali continuano a penetrare l'orecchio dello spettatore così come le immagini restano impresse sullo schermo e nella memoria del pubblico, come un fluttuante passato vissuto assieme ai protagonisti che raccontano la loro verità. Dal finale sconvolgente e appassionante, Confessions è uno dei prodotti più personali e coinvolgenti degli ultimi anni, capace di dire la sua su un argomento tanto delicato come la vendetta personale (particolarmente caro all'oriente) senza denigrare altre tematiche non trascurate e neppure abbozzate. Ogni personaggio porta con sé una storia che rimanda al cinema episodico ma che si differisce da esso per una struttura più omogenea anche nel raccordare le scene in cui il testimone di "narratore" passa da un personaggio a un altro. Film immancabile anche per i più accaniti detrattori del cinema orientale, vincitore di numerosi e prestigiosi premi nella sua regione, tra cui Miglior Film all'Asian Film Awards e all'Awards of the Japanese Academy.


4 commenti:

  1. anche per me film assolutamente originale e geniale!

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    1. Ne sono rimasto stupito. Dovrò recuperare almeno i titoli di punta del cinema orientale, lo sto snobbando troppo...

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  2. Piaciuto, ma con riserve. Si è trattato comunque di una piacevole sorpresa.
    E guardati "Old boy", porco Horus!

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    1. Vedrò vedrò, prima o poi. Questo l'hanno passato al cinema non l'ho cercato online. Ecco perché l'ho visto.

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