6 gennaio 2013

Dracula

Delusi dall'ennesima rivisitazione del più classico degli horror che non ha niente da dire? Stanchi del solito remake o, comunque, del nuovo filone che l'horror ha intrapreso? L'unica cosa da fare è tornare indietro nel tempo e recuperarsi quel buon vecchio cinema horror che si faceva una volta. In questo caso l'horror è tale solo a metà, poiché qui si entra in un mondo totalmente a sé, quello dei classici Universal, nati in un periodo in cui il cinema americano stava raggiungendo il suo apice e si sentiva il bisogno di queste rivisitazioni una dietro l'altra. Il successo di questo filone lo si può paragonare a quello attuale dei cinecomics ma, se comunque si trattavano i mostri sacri del terrore in chiave più avventurosa ed action, non si snaturava comunque la loro essenza. Dracula ne è uno dei più chiari esempi. Diretto da un autore affermato come Tod Browning, questo film ha tra i suoi punti più forti la fotografia di Karl Freund (co-regista non accreditato), il quale riesce ad immortalare al meglio i momenti di tensione, focalizzando spesso e volentieri la sua attenzione sugli occhi dei protagonisti tanto quanto lo fa la macchina da presa di Browning, in particolare quelli pazzi e spaventosi del Renfield di Dwight Frye, quelli sensuali e ipnotici della Mina di Helen Chandler e quelli spettrali e terrificanti del Dracula di Bela Lugosi.
Quest'ultimo è forse il vero motivo per cui si ricorda ancora oggi questo film: la sua interpretazione teatrale e raccapricciante brilla di luce propria e regala al pubblico un senso di angoscia che pochi film dell'epoca sono riusciti a trasportare anche ai giorni nostri. Tutto merito, probabilmente, delle sue mani terrorizzanti, fattore che verrà poi ripreso per enfatizzare l'interpretazione di Christopher Lee nei successivi film dedicati al vampiro qualche decennio più avanti. Anche il montaggio di Milton Carruth fa quel che può, per i canoni di editing dell'epoca, affinché il tutto possa risultare molto più tetro e ci si possa concentrare ancora di più sui già citati occhi dei protagonisti, vero punto di forza di questo film, visto che lo splatter e la violenza palese erano taboo del cinema di quel periodo. Il rush finale all'interno dell'abbazia in cui dorme Dracula ha un ritmo sostenuto e una messa in scena valida, seppure spoglia di scenografie originali. Lo scenografo Charles D. Hall gioca infatti sul classicheggiante gotico e non rivisita niente in nessuna chiave se non quella classica dell'espressionismo ben nota nel Nosferatu di Murnau, giustissimo poiché siamo nei primi anni '30 e non si ha il senso di gotico odierno, quello che pervade la semi-omonima pellicola di Coppola, per intenderci. Interessante anche la continua ripresa delle musiche del Lago dei cigni, simbolico rimando già dai primi titoli di testa a ciò che succederà durante il film. Se volete recuperarvi questo Dracula, una tra le primissime rivisitazioni vampiresche del cinema americano e mondiale, ricordatevi sempre che state vedendo un film del 1931, epoca che viveva di vecchie teorie cinematografiche e raccordi di montaggio ben diversi da oggi ma, soprattutto, molto diversi già da quelli che sarebbero arrivati circa quindici anni dopo con film come L'uomo Lupo di James Whale. Insomma, un film superato dai suoi stessi successori, ma che comunque mantiene costante il suo fascino e il suo senso dark difficilmente imitabile.


2 commenti:

  1. Forse un po' passatello, ma sicuramente un capolavoro assoluto!!!
    Bela è semplicemente.... Bela!!

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