14 settembre 2013

The Hole in 3D

La terza dimensione, come tutte le novità, attrae un po' tutti, dai meno interessanti registi ai più particolari autori, cosicché pure Joe Dante è riuscito a cadere in questo tranello stereoscopico. Dal canto suo, però, questa terza dimensione posticcia non aggiunge né toglie nulla al risultato finale dell'opera, che riesce ad essere un interessante prodotto per adolescenti con gli stessi pregi e difetti, magari in grado di guadagnare qualche punto grazie a qualche chiodo che fuoriesce dallo schermo e un mondo onirico mostrato nel terzo atto del film intelligentemente sospeso nel vuoto. The Hole in 3D è una delle ultime fatiche di un autore rinomato in grado di coniugare perfettamente l'intrattenimento adolescenziale con l'horror più efficace (basti pensare al suo dittico dedicato ai Gremlins o all'altrettanto geniale Small Soldiers, apparentemente una copia del pixariano Toy Story ma completamente agli antipodi rispetto ad esso), riuscendo quindi ad intrattenere non solo il pubblico più piccolo, ma incuriosendo ed appassionando anche il target di persone più adulte.
Chris Massoglia è il canonico disadattato adolescente musone che si trasferisce in questa piccola cittadina assieme a sua madre Teri Polo e il fratellino minore Nathan Gamble, i quali vanno ad abitare nella casa di fianco a quella della giovane adolescente Haley Bennett. All'interno della loro nuova abitazione, però, trovano una strana botola senza fondo dalla quale escono misteriosi esseri, probabilmente fantasmi del passato. In realtà i tre scoprono che si tratta di un buco nero in grado di materializzare le loro più recondite paure, ognuna delle quali dovrà essere affrontata con coraggio. L'elemento di crescita viene affrontato da Dante in maniera convincente, anche se non sempre originale: il ragazzo che non vuole assomigliare al proprio padre ubriaco e violento e che, crescendo, riesce ad oltrepassare la paura che provava nei confronti del suo genitore; il bambino che è terrorizzato dai pagliacci e la ragazza che deve superare i sensi di colpa di un incidente avvenuto in passato per evitare il quale non è riuscita a fare niente, causando la morte della sua migliore amica. Con questo film Dante riesce a fare un po' come meglio crede, liberando la sua vena creativa senza imposizioni da parte di nessuna major potente, giocando con la macchina da presa e mettendo in scena la paura secondo i più vecchi trucchi del mestiere, ovvero nascondendo le cose fuori campo e utilizzando pupazzi di stoffa, marionette e giochi di luce ed ombra, rivolgendosi alla computer grafica solo quando strettamente necessario e confezionando un prodotto adeguato al pubblico di riferimento e con un messaggio preciso e trasmesso nel migliore dei modi da un ritmo perfetto: bisogna essere in grado di affrontare le proprie paure e non farsi influenzare troppo dal passato e da ciò che ci spaventa. Peccato che qui e là la sceneggiatura di Mark L. Smith lasci qualche buco di sceneggiatura non spiegato (come il misterioso personaggio interpretato da Bruce Dern, non completamente delineato) e prediliga spesso delle soluzioni frettolose e poco approfondite laddove invece sarebbe stato interessante spingere un po' di più su tensione e crudeltà. Ma lo scontro finale non spreca niente e offre tutto ciò che manca in qualche punto del primo tempo, con la precisa e ormai matura regia di un Joe Dante ancora una volta in ottima forma, in grado di salvare in zona Cesarini quei momenti manchevoli di consistenza narrativa. Un film che merita almeno un paio di visioni. Sottostimato.


Nessun commento:

Posta un commento