25 marzo 2013

Red Eye

Conosciuto come uno dei più importanti maestri dell'horror degli anni '70/'80, Wes Craven ha saputo regalare al suo pubblico non solo delle pellicole davvero ben costruite, ma anche personaggi indimenticabili e sfruttati fino all'osso dalle major che li hanno lanciati per la prima volta (il primo che viene in mente è sicuramente Freddy Krueger, seguito da Ghostface). Con il passare del tempo però lo smalto di questo grande autore horror è andato a perdersi e il regista non è riuscito a mantenere vive la tensione e l'ironia tipiche dei suoi film, soprattutto in questo particolare lavoro. Complice una produzione DreamWorks che c'entra ben poco con i toni cupi e sanguinolenti a cui Craven ci ha sempre abituato, Red Eye è un film riuscito solamente fino alla fine del primo tempo, ovvero finché i due protagonisti restano all'interno dell'aereo. Appena usciti dal mezzo i due perdono ogni caratteristica che li ha fatti diventare interessanti durante la prima parte e diventano dei personaggi completamente diversi da come ci sono stati raccontati fino a quel momento.
Da pratico stratega e perfetto terrorista, Cillian Murphy muta in un isterico assassino di serie c zona retrocessione che anziché usare metodi più intelligenti e subdoli per minacciare la sua vittima comincia a seguirla per tutta la città con il solo scopo di ucciderla. Allo stesso modo Rachel McAdams si trasforma da spaventata e fragile ragazza in una giovane e determinata donna pronta a tutto pur di aver salva la vita e fare in modo che questo film finisca bene per tutti. Con una impostazione tipicamente commerciale Craven infonde ai suoi protagonisti e alla sceneggiatura di Carl Ellsworth una incongruenza davvero raccapricciante che si contraddice in continuazione, partendo dal fatidico e già citato punto di non ritorno che combacia con l'uscita dall'aereo dei passeggeri, vittima e carnefice compresi. Ed assistere ai vari tentativi della protagonista di avvisare il personale di volo e i clienti che volano assieme a lei della presenza di un serial killer all'interno del mezzo è anche un momento interessante e ricco di tensione a volte ironica che rimanda la memoria al miglior Craven, ma la conclusione di tutto ciò (che in parte offre degli snodi importanti per i personaggi ma delineati in maniera estremamente superficiale) non fa altro che regalarci i più classici cliché a cui il genere horror soprattutto contemporaneo ci ha ormai abituato e con i quali ci ha ormai stancato. La stupidità di ogni singolo personaggio (dal papà Brian Cox alla collega di lavoro Jayma Mays, fino ai noiosi clienti dell'albergo) è a dir poco sconcertante ed è un vero peccato che una protagonista femminile targata Wes Craven si riduca a macchietta spaventata ma tenace di un pallido thriller dalle premesse apparentemente efficaci. Dimenticatevi la Sidney di Scream o la Nancy di Nightmare - Dal profondo della notte, se deciderete di tuffarvi nella visione di questo Red Eye sappiate che del buon vecchio Craven ne troverete una pallida ombra snaturata da una luce troppo debole e incapace di realizzarne una proiezione chiara e nitida sul muro. Piatto, inconsistente, a tratti noioso e dal ritmo che parte subito in quarta ma che sempre più velocemente si attenua fino ad una retromarcia quasi automatica, consigliato a chi non ha pretese e, soprattutto, a quelli che si spaventano per un nonnulla.


2 commenti:

  1. Dalle mie parti hai vinto un Liebster Award.
    Congratulazioni.

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  2. Mamma mia, allora Nightmare avrebbe dovuto vincere l'Oscar.....

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