18 febbraio 2013

40 Carati


Spesso il titolo dovrebbe essere un garanzia di qualità e, a volte, quest’ultimo è molto spesso sottovalutato. Se prendiamo come esempio 40 carati, sembra un film abbastanza semplice sia per quello che la traduzione italiana può suggerirci che per quanto riguarda la versione originale del titolo, ovvero Man on a Ledge (letteralmente, uomo sul cornicione). Eppure da questa semplicità ci si ritrova ad assistere ad un ottimo e intrigante thriller d’azione confezionato apposta per un pubblico interessato ad una buona dose di adrenalina in pieno stile Hollywood. Sì, alcune sequenze si risolvono in modo semplice, non possiamo negarlo, eppure questo prodotto è diretto in maniera più che dignitosa dall’esordiente Asger Leth, qui alla sua prima opera. Ad aiutarlo c’è l’ottima sceneggiatura di Pablo F. Fenjives, che racconta in dettagliatamente una trama forse troppo scricchiolante nei dialoghi qua e là lievemente retorici, comunque mai troppo fastidiosi.
Ma che cos’è un thriller senza un ottimo montaggio ad arricchire la tensione? Leth si avvale dell'intrigante lavoro di Kevin Stitt, il quale incrementa la suspense del film e fa in modo che quelle poche debolezze dovute ad una storia un po’ leggera e a tratti anche già vista vengano mascherate dall’azione e dal senso di intrattenimento che riempie tutti i 102 minuti che scorrono via senza mai pesare. Apporto fondamentale, inoltre, viene dalla coinvolgente fotografia degna di nota di Paul Cameron e dalle adrenaliniche musiche di Henry Jackman, che si rifanno molto ai migliori lavori di Hans Zimmer per Christopher Nolan (trovare parallelismi con le colonne sonore della saga di Batman è a dir poco inevitabile). Se la cava bene anche il cast, capitanato da un Sam Worthington che. senza abiti greci o code blu ad aiutarlo, impersona un uomo come tanti altri che ha una storia da raccontare e un reato da cui scagionarsi. Oltre alla bella Jennifer Rodriguez e al simpatico Jamie Bell come complici, c’è una enigmatica Elizabeth Banks ad interpretare un'imprevista aiutante. Ma la vera perla di Labuan si trova nel villain impersonato dal fenomenale Ed Harris, forse costretto in una parte un po’ troppo breve e poco incisiva per le sue doti recitative, ma pur sempre convincente e coinvolgente come solo i grandi attori della vecchia scuola sono capaci di fare. La parte più carente del film arriva in un finale troppo frettoloso e poco approfondito: ci si diverte tanto anche lì, ma magari si sarebbe potuta notare di meno la scrittura eccessivamente rapida, che avrebbe avuto bisogno di un studio più concentrato per dare il meglio di sé anche nel rush conclusivo. Tutto sommato il film coinvolge dall’inizio alla fine, lasciando qua e là lo spettatore un po’ interdetto, ma riprendendosi subito dopo affinché non ci si concentri troppo sui piccoli nei che la storia possiede. Senza troppe pretese e con virtuosismi vertiginosi e ben congegnati, l’opera prima di Asger Leth ci dà la possibilità di consigliarvi di tenere d’occhio il futuro di questo autore, perché potrebbe regalarci qualche altro pregevole divertissement. Se cercate un ottimo intrattenimento serale, privo di filosofismi e ricco di tanta azione, questa è la pellicola che fa per voi, pronta a dimostrare che, ogni tanto, anche il cinema più commerciale è in grado di sfornare contenuti non del tutto da buttare via.



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