24 novembre 2012

Le Avventure di un Uomo Invisibile

La mummia, Dracula e Frankenstein sono sicuramente i mostri più ricordati e sfruttati nella storia della cinematografia, eppure ce n'è uno che viene spesso dimenticato, accantonato, come se nessuno l'avesse mai...visto! Perdonatemi il gioco di parole, ma quando ho pensato "stasera mi guardo Le avventure di un uomo invisibile" ho subito sorriso pensando di utilizzare il verbo guardare e l'aggettivo invisibile nella stessa frase. Questo film è sicuramente quello che finora mi ha convinto di più nella filmografia di John Carpenter, regista che, in base a quello che ho visto, non rientra completamente nelle mie corde.
Tuttavia l'ironia e la tensione che si mescolano assieme creano un connubio perfetto di ritmo ben sostenuto e la drammatica tematica che ruota attorno al diventare invisibile è sfruttata decisamente bene. C'è, certo, qualche incongruenza nell'uso di questa caratteristica: principalmente la domanda che si fa uno spettatore è come mai alcuni vestiti diventano invisibili e altri no, tuttavia è un piccolo neo che possiamo tralasciare se pensiamo all'intensa e a volte anche volutamente ridicola interpretazione di Chevy Chase, il quale nell'edizione italiana risulta ancora più convincente grazie al sapiente doppiaggio di Michele Gammino (nota personale: alcuni intensi sguardi di Chase con la voce di Gammino mi hanno fatto domandare se fosse realmente Chase oppure Harrison Ford). A farci sorvolare sulle incongruenze di regia ci pensa la scenggiatura di Robert Collector, Dana Olsen e William Goldman, che mescola tanti ottimi momenti all'interno del flashback centrale, facendo comunque in modo che l'incipit narrato faccia parte della storia e non sia un escamotage per raccontare il tutto in terza persona. Al fianco dell'attore principale c'è una sensuale e appassionata Daryl Hannah (avete avuto modo di conoscerla con Quentin Tarantino, è stata la perfida bionda dei due Kill Bill) e, nei panni di un perfido agente approfittatore troviamo il geniale (nonché uno dei miei attori preferiti) Sam Neill. Il trio di protagonisti principali riceve sicuramente l'elogio più importante, perché tutti e tre riescono in maniera convincente a farci appassionare alla storia e a lasciarci piacevolmente soddisfatti alla fine del film. Nota di merito anche per l'uso sapiente della voce fuori campo che, finalmente dopo tanti film moderni in cui è usata come riempitivo, qui ha un suo perché e rientra all'interno della storia secondo una logica premeditata. Stretta di mano anche a Marion Rothman e al suo interessante montaggio, decisamente non facile a fronte di un piano di regia che gioca sulla comparsa/scomparsa del protagonista principale, che noi vediamo e non vediamo a seconda delle decisioni del regista. Le musiche di Shirley Walker riempiono il tutto con tonalità drammatiche e malinconiche, per sottolineare i lati negativi dell'invisibilità, sebbene molte sequenze riescano a strappare più di una risata allo spettatore. Un plauso anche alla fotografia di William A. Fraker che non ha particolari toni in generale, ma che qua e là crea coinvolgenti giochi di colore per arricchire il film. Encomio finale agli effetti speciali digitali e a quelli tangibili, che si uniscono assieme in maniera impeccabile, dando alla pellicola un tono realistico e completamente efficace. Un film, insomma, che non dovete assolutamente perdere, sia che siate degli appassionati del cinema di Carpenter, sia che il regista non sia il vostro preferito.


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