5 gennaio 2014

L'uomo che Sapeva Troppo

Un tuffo nel passato ogni tanto è obbligatorio, specie se il passato porta la firma di Alfred Hitchcock, che qui dirige la sua prima spy story che getterà le basi di alcuni dei temi portanti di buona parte della futura filmografia del maestro della suspense. L'uomo che sapeva troppo ha visto la luce per la prima volta nel 1934, per poi essere rifatto dallo stesso Hitchcock una ventina d'anni dopo con lo stesso nome. Questa prima versione in bianco e nero si apre sulle candide e serene montagne innevate di St. Moritz, dove una famiglia sta trascorrendo la sua vacanza finché non viene incastrata in un terribile intrigo di importanza internazionale. La bambina viene rapita dai malavitosi e sarà compito dei genitori investigare per scoprire dove è nascosta.
In maniera del tutto imprevista e improvvisata, il padre impersonato da Leslie Banks si trasforma in investigatore per riuscire a salvare sua figlia, Nova Pilbeam. Vedere un prodotto del genere oggi può risultare a tratti noioso, è necessario però pensare che sono passati ben ottant'anni dalla sua realizzazione e, nonostante la veneranda età, quest'ottimo lavoro riesce ancora a mantenere alta l'attenzione e l'ansia dello spettatore che non può fare a meno di tenere lo sguardo fisso sullo schermo. Nonostante l'umorismo un po' antiquato e qualche effetto sonoro datato, sul quale si può tranquillamente sorvolare ma che comunque hanno il merito di permetterci un delizioso viaggio negli anni ormai andati del cinema degli anni trenta, Hitchcock riesce a mettere insieme momenti pieni di pathos come la tesa sequenza dello studio dentistico e l'ancor più delicato momento all'interno del teatro dove sta per avvenire l'inevitabile. C'è Edna Best lì dentro, una madre costretta a fare una scelta: salvare il mondo da una probabile guerra o salvare sua figlia da morte certa? Chi le dice che sua figlia verrà risparmiata? Come può decidersi? Domande silenti racchiuse negli occhi della bravissima attrice che riesce ancora oggi a bucare lo schermo in uno dei momenti più sensazionali della produzione londinese di Alfred Hitchcock. Ad interpretare il perfido nemico, direttamente da M - Il mostro di Dusseldorf (girato tre anni prima) c'è Peter Lorre, enigmatico, infido e glaciale, dal ghigno raggelante e dallo sguardo pietrificante, offre una interpretazione ancora oggi inquietante. I potenziali portatori di una nuova guerra si scontrano con una famiglia qualunque che per caso si è trovata tra due fuochi, i quali però riusciranno a scovare il nascondiglio in cui è tenuta nascosta la loro bambina, svelato in una sparatoria finale orchestrata in maniera ottima e carica anch'essa di tensione, dove la madre torna ad avere un ruolo centrale nell'azione proprio come all'interno del teatro: scelta audace per l'epoca, quella di lasciare che le sorti dei protagonisti pendano dalle mani di una donna, il che incrementa ancor di più tutta la suspense della sequenza conclusiva, dimostrando che già all'epoca Hitchcock era desideroso di osare, sperimentare e spingere all'esasperazione le emozioni del pubblico. Acclamato dalla critica e dal pubblico come un fantastico film, questo prodotto non fatica a farsi seguire e a lasciare di stucco lo spettatore nemmeno dopo ottant'anni dalla sua realizzazione. Scusate se è poco.


1 commento:

  1. Gli eroi di Hitchcock hanno saputo nel tempo raffigurare le
    contraddizioni e le tensioni sperimentate dallo spettatore. E' sempre bello riscoprire un film del genere. Bel post!

    RispondiElimina