14 gennaio 2013

A Royal Weekend

Il bello di vedere i film al cinema è che puoi goderteli, qualche volta, a scatola chiusa, ovvero ignaro di ciò che capiterà durante la visione, avendo visto solo un brevissimo trailer di un minuto e trentadue secondi e una locandina che presenta il cast. Nel caso di A Royal Weekend si è trattato di fidarsi dell'attore principale, ovvero Bill Murray, e godersi il film in sala, una sala tristemente vuota in cui solo quattro persone erano sedute. Elogiato dalla critica come il degno erede de Il Discorso del Re, il film di Roger Michell ha tanti pregi interessanti, ma non è sicuramente privo di difetti. Primo tra tutti una mancanza di focus principale: la pellicola parla infatti di Franklin Roosevelt e del suo tentativo di riportare l'America e l'Inghilterra in buoni rapporti, raccontando però la storia dal punto di vista di Daisy, la cugina di quinto o sesto grado del presidente americano nonché sua amante. Peccato però che più volte non si capisce se il fulcro principale dello script di Richard Nelson sia la storia d'amore tra i due, o i fatti storici che mettono Roosevelt faccia a faccia con Re Giorgio, o ancora l'atipica vita privata del presidente.
Insomma, c'è tanta confusione e tanti temi appena accennati o comunque approfonditi troppo poco per poter essere un film interessante dal punto di vista narrativo. La caotica trama però permette allo spettatore di focalizzarsi sulle ottime interpretazioni del cast, dal candidato al Golden Globe Bill Murray alla fragile ed apprensiva Laura Linney, fino all'iconico re d'Inghilterra Samuel West e alla sua fin troppo permalosa consorte Olivia Colman, con una piccola nota di merito ad Olivia Williams che interpreta Eleanor Roosevelt e ad Elizabeth Wilson nei panni della mamma del presidente. Tuttavia il cast e le interazioni tra i protagonisti, compresi i dialoghi davvero molto efficaci e particolarmente ispirati, soprattutto nelle sequenze comiche rispetto a quelle drammatiche, vengono sostenuti da un montaggio ad opera di Nicolas Gaster molto interessante, a parte in diversi momenti in cui interrompe brutalmente quelli che sarebbero potuti essere dei fantastici piani sequenza. Quando siamo in un dialogo a due con i primi piani dei personaggi tutto fila liscio, ma quando si mette in mostra il movimento in casa Roosevelt ecco che quelli che dei potenziali magnifici piani sequenza vengono tagliati per concentrarci su particolari certo interessanti, ma mai quanto una macchina da presa continua all'interno di un set che trasmette il sentore di essere stato curato al millesimo. Allo stesso modo le musiche originali di Jeremy Sams appaiono troppo espressive all'orecchio di un spettatore che cerca la storia realista, e molto spesso intrattengono molto di più rispetto al momento della sceneggiatura che si sta narrando. Un gran bel lavoro lo fa il direttore di fotografia Lol Crawley, che riesce ad imbastire luci davvero intriganti negli interni e a catturare in maniera precisa quella del sole durante le sequenze in esterna. Parafrasando Shakespeare: vedere o non vedere questo film? Sicuramente si è esagerato un po' considerandolo il degno erede de Il Discorso del Re, ma io, fossi in voi, una possibilità gliela darei. Ci sono certamente delle stonature all'interno, ma il risultato è comunque soddisfacente per una visione serale piuttosto disimpegnata. Consigliato soprattutto a chi cerca una rappresenta patetica e umana di due figure storicamente importanti come Giorgio VI e Franklin Delano Roosevelt.


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