Una delle cose più importanti, quando si guarda un film, è capire se alla fine della visione ciò a cui hai appena assistito ti abbia veramente lasciato qualcosa oppure no. Ecco, nel caso de La leggenda del cacciatore di vampiri ciò che mi sono chiesto alla fine è stato: chissà come sarebbe uscito questo film con una regia diversa e una storia più solida e meno derivativa. Alla fine il film non è nemmeno così pessimo nella sua totalità, tuttavia non ne si è intrattenuti, né esaltati, né divertiti, si rimane semplicemente delusi e amareggiati perché le potenzialità dell'idea di base (il presidente Lincoln che di notte fa il cacciatore di vampiri? Da vedere subito!) vengono accantonate per fare posto ad una storia di riscatto e vendetta, dove un uomo riesce senza troppi giri di parole né qualche enfasi particolare ad intraprendere la strada giusta a colpi d'ascia e aprendosi un varco con pallottole d'argento.
Tutto qua: personaggi piatti come gli interpreti, momenti senza pathos e situazioni comiche inesistenti (Abraham Lincoln caccia dei vampiri e non ci sono momenti di ironia?). Metteteci poi alla regia la scelta più sbagliata per questo film, ovvero Timur Bekmambetov, ennesimo non-autore hollywoodiano dedito alla magniloquenza estetica infarcita di ralenti, effetti speciali, denti aguzzi, treni che esplodono e chi più ne ha più ne metta. Il regista non riesce ad ingranare, a dare qualcosa di nuovo alla messa in scena, ad offrire una sequenza che possa essere nuova, interessante, meno scontata delle altre: le scelte sono tutte le più semplici, le più facili ed è proprio questo che rende il film superfluo e senza senso. Insomma, ogni cosa sa di vecchio e stantio, di già visto e rivisto e rivisto, senza contare poi il fatto che il film si prende troppo sul serio rispetto a ciò che ha intenzione di raccontarci. Scusate se torno a ripeterlo (anche perché c'è ben poco da dire su questo film, per cui dilungo il brodo come meglio posso), ma... Abramo Lincoln caccia dei vampiri mentre porta avanti la sua carriera politica! Come si può prendere sul serio una trama simile? Seth Grahame-Smith, autore dello script e del libro da cui è tratto, si lascia prendere dalla foga e dall'entusiasmo di mettere in scena una sua opera e trascura la goliardia innata dell'idea, dando a tutto quanto un tono troppo serioso, risultando pesante e anche noioso. Però è inutile incolpare lo sceneggiatore o gli altri addetti ai lavori (come Henry Jackman, che prova a dare al tutto un tono epico con le sue musiche, ma senza riuscirci, o Caleb Deschanel, che illumina i set al meglio ma non quanto basta), perché sarebbe fuorviante, visto che tutto sta in una pessima regia, come già detto sopra, eccessivamente canonica, mai frizzante, sempre piena delle solite cose a cui ormai ci siamo abituati. Per cui perdonatemi se questo testo è ridondante, ripetitivo e poco accattivante, ma alla fin fine a parlare di queste cose si rischia sempre di ripetersi, perché in fondo che cosa puoi dire di nuovo se parli di opere che si copiano tra loro, che non ti offrono spunti di riflessione e che non ti lasciano nulla alla fine della visione che non sia un devastante senso di deja-vu?
Concordo con tutto quello che hai scritto. Incredibile che un film simile abbia anche il coraggio di prendersi addirittura sul serio...
RispondiEliminaMi dicono che il libro è bello, ma ho paura ad approfondire. Credo che mi fiderò sulla parola ancora per un po'
Elimina