Intimo e introspettivo, questo quarantatreesimo lavoro di Woody Allen si discosta dalla comicità italica del suo ultimo prodotto, concentrandosi invece sulla sua protagonista Jasmine, una donna completamente insoddisfatta della propria vita e piena di pretese, sempre alla ricerca di qualcosa di meglio. Blue Jasmine racconta con molta semplicità la sua storia in un susseguirsi di flashback che pian piano svelano gli antefatti di ciò che stiamo vedendo e anche la verità sulla persona che stiamo imparando a conoscere dalla perfida macchina da presa di Allen, che riesce ad estrapolare tutta la bruttezza (si fa per dire) di una Cate Blanchett favolosa nella sua parte, quella di una psicotica devastata da tanti traumi, il più grosso dei quali l'ha ferita nell'orgoglio e ha dato il via a tutte le conseguenze che verranno mostrate (prima e poi) dalla storia.
Jasmine è sì fragile e debole, ma in qualche modo non proviamo pietà per lei, anzi, nonostante tutto ne siamo curiosamente attratti: quello che sentiamo per lei non è compassione ma tristezza, perché in fondo ciò che Allen ci mostra è una persona che ha deciso di mandare all'aria tutto, la quale non fa altro che lamentarsi di ogni singola cosa che non le va a genio, incolpando continuamente gli altri di ciò che in realtà è avvenuto a causa sua. Una donna alla stregua dei tempi moderni, dell'apparenza e del lusso, con la voglia di diventare qualcuno di importante e intenzionata a trasferire queste sue aspirazioni anche alla sua ben più naturale sorellastra Sally Hawkins, una rappresentante della classe operaia che sa accontentarsi e che non vuole provare rancore nei confronti di Jasmine. Ricchi contro poveri, i primi sfruttano i secondi e distruggono tutto ciò che capita loro di bello, volontariamente oppure no, ma che alla fine sono pronti a distruggere tutto ciò che li circonda per un nonnulla, ovvero l'orgoglio, perché per l'essere umano frode, bilanci falsificati, soldi rubati e quant'altro non sono niente di fronte a un cuore infranto. Allora si gira la testa dall'altra parte per necessità e solo fino a un certo punto, e Jasmine è quindi una donna ferita che ha dovuto vendere tutto quello che aveva (ma non il suo iPhone o le sue valigie di Louis-Vuitton) ed ha dovuto chiedere aiuto a sua sorella, riuscendo a trovare miracolosamente una possibilità per poter essere nuovamente ciò che aspirava, una donna ricca e socialmente importante, ma la sua ambizione giocherà ancora una volta a suo sfavore. Noi, seduti sulle poltrone, assistiamo a questo spettacolo autolesionista, provando solo tristezza per Jasmine, ammirando l'eccezionale lavoro svolto dall'attrice protagonista, in grado di proporre una maschera dietro l'altra, fingendo e mentendo a noi e agli altri personaggi del film (un poco anche a se stessa), scivolando rovinosamente sulla sua stessa ambizione e sul suo stesso orgoglio. Al di là di qualche piccolo momento comico Blue Jasmine non può essere considerato una commedia vera e propria, perché con questo film la maschera della protagonista può farci ridere o divertire, così come i suoi disperati e ironici tentativi di entrare nell'alta società e di trovare un posto anche alla sua sorellastra. Ma quando la Blanchett ci mostra il vero cuore di Jasmine, magari nel momento in cui, dopo una telefonata nella quale ancora una volta finge a qualcuno, si sfoga in un pianto speranzoso, ecco che in quegli istanti dove Allen e la Blanchett ci mostrano tutta la fragilità del loro personaggio, ci fanno male e ne soffriamo.
Amore a prima vista.
RispondiEliminaIdem per me, infatti sto tifando per l'Oscar alla Blanchett!!!
Eliminaavrai guardato il video di Alò sul film, per dire che è la 43ma opera...ma ce ne sono 5 in più... http://www.imdb.com/name/nm0000095/
RispondiEliminaGli altri sono corti televisivi, film con altri registi o lunghi per la tv.
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