24 agosto 2016

Captain America: Civil War

Bisogna ammetterlo: è da quando annunciarono il primo Avengers che gli appassionati di fumetti aspettano con ansia un adattamento cinematografico di una delle saghe che ha cambiato il concetto stesso di comic book, aprendo le porte a quei cambiamenti inaspettati che passano dallo SpiderMan afroamericano al Capitan America nazista, dal figlio di Batman al tragico Ultimatum dell'universo Ultimate. Tutti, quindi, me compreso, volevano vedere la maestosa Guerra Civile degli eroi marvelliani trasposta sul grande schermo. Ammetto che, col passare del tempo, con l'alzarsi della mia età anagrafica e l'abbassarsi della qualità dei prodotti di intrattenimento, questo desiderio è andato scemando, tuttavia non possiamo dire di no all'evento dell'anno, così eccoci qua a parlare di Captain America: Civil War, uno dei film più anonimi e bizzarri di questo 2016.


Diretta dai fratelli Russo, due che dietro la macchina da presa ci stanno per comodità più che per senso artistico, la pellicola ha il pregio di calibrare adeguatamente la presenza e la profondità di tutti i personaggi in gioco, relegando a macchiette o spalle solamente quegli eroi che hanno un tempo limitato di presenza scenica. Allo stesso modo si respira dall'inizio alla fine l'atmosfera di frattura che si andrà a creare tra i protagonisti, senza eccessivi sbalzi di inutile ironia e mantenendo un tono costante e sempre coerente con il tema e le vicende narrate. Però.

Però, ragazzi miei, ho trovato esageratamente fuori luogo il ritmo delle scene d'azione, dove si lavora un po' di descrizione e un po' di montaggio a casaccio. Riescono bene, i fratelli Russo, nei duelli e, soprattutto, nel triello finale, dove si sente che ci hanno messo anima e corpo, ma per quanto riguarda gli inseguimenti e gli scontri collettivi, l'attenzione dello spettatore cala di brutto, anche per via di un asettico alternarsi di momenti action e didascaliche diatribe filo-politiche che non giovano certamente alla fluidità del prodotto, se inseriti in maniera così televisiva.

Allo stesso modo ho trovato incoerente e particolarmente fastidiosa una scelta narrativa che, per essere spiegata, necessita di una elevata descrizione spoileristica, pertanto attenti voi che non avete visto il film. Per chi proseguirà nella lettura, invece: pensate ad Iron Man 3, a The Winter Soldier e ad Age of Ultron. Che cos'hanno in comune? Il cattivo che colpisce dall'interno: Killian come burattinaio del Mandarino, Pierce come colui che vuole affossare lo S.H.I.E.L.D. e, infine, Ultron come nemesi creata artificialmente dallo stesso Tony Stark. Tanta fatica per spingere il messaggio che il vero nemico si nasconde tra le proprie fila per poi tornare indietro agli anni '40 e lasciare che sia un maledetto crucco filonazista (interpretato magistralmente da Daniel Brühl) a scatenare la guerra civile? Proprio in questo film, potenzialmente l'unico o comunque il più adatto ad ospitare il concetto del nemico tra gli amici, si tira in ballo Zemo come stratega principale? La cosa mi pare alquanto bizzarra e campata un po' in aria, soprattutto visti i pregressi del Marvel Cinematic Universe.

Si torna, infine, al problema essenziale di questo progetto larger than life: con tutti questi episodi si corre sempre il rischio di non riuscire più a fare un film che abbia un inizio e una fine e, di conseguenza, un concetto vero e proprio da sviluppare tra il capo e la coda. Il risultato è, ancora una volta, un prodotto gradevole alla vista ma semplice nei contenuti, che racconta la sua storiella senza colpo ferire e si lascia guardare senza mai uscire dal recinto del compitino assegnato svolto in maniera elementare.


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