10 dicembre 2013

After Earth - Dopo la Fine del Mondo

Sarebbe bello potersi inserire all'interno di quella corrente massificata che ha deciso che After Earth - Dopo la fine del mondo è un film terribile, inutile, banale e brutto, ma purtroppo non mi è possibile farlo. Sarà che lo stile delicato di M. Night Shyamalan rende il tutto più fluido e comprensibile, sarà per il fatto che la sua mano migliora qualche momento piatto, ma non è concepibile sparare a zero in maniera così frenetica verso un film che alla fin fine racconta semplicemente la storia di un padre e di un figlio. Un genitore duro e freddo si trova in una situazione di estremo pericolo assieme ad un ragazzo che vuole seguire le sue orme e che vorrebbe essere come lui; insieme affronteranno un percorso di crescita e cambiamento che segnerà le vite di entrambi.
Come ne Il Sesto Senso, dove Bruce Willis e Haley Joel Osment erano due personaggi che cercavano di comprendere ed accettare la loro condizione, come in Signs dove Mel Gibson doveva assorbire e metabolizzare un lutto, come in Lady in the water dove Paul Giamatti doveva aiutare Bryce Dallas Howard a compiere una missione, così Will Smith dà una mano a Jaden Smith a crescere, a compiere la sua missione, a fare i conti con un burrascoso passato e ad accettare il suo presente. In poche parole gli insegna a non avere più paura. Se invece degli Smith, padre e figlio, ci fossero stati due a caso tra gli attori citati sopra, il marchio di Shyamalan non sarebbe stato affossato in questo modo. Più finti dei mostri presentati nel corso del film, i due protagonisti principali non hanno idea di che cosa sia la mimica facciale e distruggono con i loro primi piani una delle scene potenzialmente più potenti del film (il figlio che disobbedisce, per la prima volta, al padre, dopo una violenta litigata). Nessuno dei due riesce a dare importanza al proprio ruolo e si finisce per non provare tensione per Jaden né disperazione per Will, perché la loro recitazione scolastica ci impedisce di entrare in empatia con loro. Non a caso i momenti più belli della regia di Shyamalan arrivano quando l'autore decide di dare più importanza all'ambiente che ai volti dei suoi attori: le panoramiche spettacolari e mozzafiato risollevano la qualità del film e invogliano lo spettatore ad interessarsi al discorso post-apocalittico presentato ma non approfondito dallo Shyamalan sceneggiatore aiutato da Gary Whitta, i quali preferiscono concentrarsi sul rapporto padre-figlio piuttosto che analizzare con meno superficialità il mondo che hanno creato. Idea che avrebbe potuto dare i suoi frutti se solo avessero avuto due attori diversi da Will e Jaden Smith, ai quali vanno attribuite molte colpe, visto che sulla carta il film aveva tutta l'intenzione di pesare sui due personaggi principali che avrebbero dovuto piangere, disperarsi o quantomeno muovere i muscoli del volto in almeno tre diverse posizioni. Ma il buon M. Night ha dovuto accontentarsi di quello che passava il convento (anche perché la storia originale è di Will Smith) ed è riuscito a tirare fuori comunque un film che riesce bene nel suo intento di proporre una tematica a tratti anche spicciola e di intrattenere. Non riesco in nessun modo a bocciarlo brutalmente.


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