Spesso si parla di carenza di idee nel mondo del cinema, un
universo moderno dove spesso le pellicole si somigliano per trama, struttura e schema
narrativo. Tuttavia quello che manca non sono le idee, bensì la voglia di
rischiare di proporre qualcosa di originale e inconsueto, di mai visto e di
particolarmente innovativo forse per paura della crisi economica, a causa
della quale un flop sarebbe poco opportuno, soprattutto per le piccole case di
produzione. Ad ogni modo questo Hysteria – L’eccitante invenzione del
vibratore è un chiaro esempio di come sia difficile convincere le major a
puntare su sceneggiature insolite e curiose, obbligando pellicole come questa
ad un lungo e tormentato parto capace di arrivare fino a sette anni. Tanya Wexler, laureata in psicologia sessuale, dirige un
film audace e canonico nello stesso tempo. In questa pellicola si può notare
senza inganni la classica struttura della commedia romantica, con la sua storia
d’amore, le sue gag goffe e simpatiche, i suoi personaggi mai sopra le righe, a si parla del periodo vittoriano di Londra, epoca e patria di questo stile,
per cui niente stona nel classicismo del film.
La sopracitata audacia sta,
invece, nel portare al grande pubblico una idea strana tratta da un mondo fatto
di tabù, soprattutto in Italia, la quale riesce ad inserirsi perfettamente
all’interno dello schema di cui vi abbiamo parlato poco fa. Merito soprattutto del fantastico cast convincente e mai fuori posto, capitanato da Hugh Dancy nel ruolo del protagonista che si vede però sopraffatto dal
poliedrico Rupert Everett che interpreta un co-protagonista pieno di carattere,
mai fuori dalle righe, sempre coerente con la sua presentazione iniziale dove
lo spettatore lo vede per la prima volta e dai dialoghi farciti con le più divertenti
battute del film. Complimenti anche all'ottima scelta di rendere le mani umane
protagoniste delle inquadrature e del piano registico di tutto il film, le
quali hanno un simbolico significato di caratterizzazione dei personaggi
(l’incerto Mortimer ha la mano dolente, la figlia di Dalrymple gesticola in
continuazione e via dicendo). Anche l’uso dei tempi comici unito a quello dei dialoghi
merita un elogio di tutto rispetto, poiché la Wexler focalizza spesso la sua attenzione nel prendere sempre e continuamente in giro lo studio della medicina e, in
particolare, quegli ottusi dottori saccentoni che non giovano mai a nessuno
(tema presente già nella sequenza d’apertura). Sberleffi che poissono essere
subito intesi come critica al problema tuttora esistente della malasanità e
delle false cure mediche (come i presunti medici che riescono a curare il
cancro in pieno stile Mago Oronzo, con la sola imposizione delle mani), il tutto
confermato dalla frase “è futile la vita se non è consacrata a uno scopo”, sia
esso qualunque, anche la professione medica. Tutto ciò ci dà un malinconico
senso di angoscia per un mondo che sembra non essere cambiato ma che si è solo
mascherato dietro nuovi pericoli e problemi da dover risolvere. Ultimo appunto
va fatto alla piega lievemente femminista che la regista dà al film, che
potrebbe infastidire alcuni ma che dovrebbe invece far riflettere tutti su una
realtà che sta penetrando (non a caso) sempre più prepotentemente nella
società: l’insoddisfazione, sia essa sessuale o professionale, la quale non
rende certo facile la vita dell’essere umano, anzi, crea problemi che
potrebbero essere risolti molto spesso in maniera più semplice di quanto non si
pensi. Concludendo, Hysteria potrebbe sembrare un film sempliciotto
e divertente, ma è invece una pellicola che ha tanto da dire e che potrebbe
aprire molte porte a quelle persone che non pensano minimamente che la loro
vita, con una piccola “pressione”, potrebbe subire una svolta incredibile.
Consigliato anche a quelli che cercano il puro divertimento e la comicità
teatrale tipicamente britannica.
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