In pochi sono
riusciti a raccontare il mondo della boxe nella sua veste più marcia e
fastidiosa, senza destare scalpore e passando alla storia per il lavoro fatto
con le loro opere. Martin Scorsese ispira la sua pellicola del 1980 alla vera
vita di Jake LaMotta, pugile italoamericano alla ricerca del successo sul ring,
al quale però si succederanno una serie di tragici eventi che lo porteranno a
ripensare a tutta la sua vita. È assolutamente comprensibile che Toro Scatenato abbia
sconvolto la critica e il pubblico dell’epoca.
Emotivamente forte e visivamente impressionante, la pellicola ha avuto un primo accoglimento piuttosto burrascoso, elogiata da alcuni critici e distrutta da altri a causa delle sue crude immagini. Ad oggi il film è stato classificato dall’American Film Institute come il quarto miglior lungometraggio americano della storia. Metà del merito è certamente della qualità artistica della pellicola, gestita in maniera magistrale da uno Scorsese ancora ambizioso e desideroso di mostrarsi a tutti per le sue capacità, ma l’altra metà va senza ombra di dubbio all’attore protagonista, vincitore a suo tempo del premio Oscar Robert De Niro, che ha fisicamente e psicologicamente sopportato il ruolo di Jake LaMotta, personaggio violento, disturbante e disgustoso. Le repellenti sequenze di violenza domestica e di manie possessive del protagonista sconvolgono ancora oggi come se il film fosse appena uscito nelle sale. Oggi è diventato un classico intramontabile e assolutamente imperdibile, sia per gli appassionati di boxe che per i cinefili convinti. Ad affiancare De Niro gli allora sconosciuti Joe Pesci, candidato all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, e la splendida Cathy Moriarty. I mix sonori mescolano la violenza della presa diretta con i momenti di musica extradiegetica, il montaggio (anch’esso premiato con l’Oscar, ad opera di Thelma Schoonmaker) è sublime e mostra la cattiveria degli sfoghi del protagonista come anche l’eleganza del pugilato. Indimenticabili i primi minuti nei quali scorrono i titoli di testa. Un film scomodo ad un pubblico che si aspetta un po’ di intrattenimento e niente più, ma allo stesso tempo una pellicola che non può venire trascurata da chi ama il cinema di una volta e chi vuole vedere storie, vere o meno, raccontate in maniera naturale, senza tanti romanticismi forzati e senza quel buonismo edulcorante spesso fastidioso in un film biografico. La forza coinvolgente dell’espressività di De Niro basterà a tenervi incollati fino alla fine del film, ma vi posso assicurare che non è l’unico pregio del lungometraggio, come ho cercato di sottolineare in questa fin troppo breve accozzaglia di parole.
Emotivamente forte e visivamente impressionante, la pellicola ha avuto un primo accoglimento piuttosto burrascoso, elogiata da alcuni critici e distrutta da altri a causa delle sue crude immagini. Ad oggi il film è stato classificato dall’American Film Institute come il quarto miglior lungometraggio americano della storia. Metà del merito è certamente della qualità artistica della pellicola, gestita in maniera magistrale da uno Scorsese ancora ambizioso e desideroso di mostrarsi a tutti per le sue capacità, ma l’altra metà va senza ombra di dubbio all’attore protagonista, vincitore a suo tempo del premio Oscar Robert De Niro, che ha fisicamente e psicologicamente sopportato il ruolo di Jake LaMotta, personaggio violento, disturbante e disgustoso. Le repellenti sequenze di violenza domestica e di manie possessive del protagonista sconvolgono ancora oggi come se il film fosse appena uscito nelle sale. Oggi è diventato un classico intramontabile e assolutamente imperdibile, sia per gli appassionati di boxe che per i cinefili convinti. Ad affiancare De Niro gli allora sconosciuti Joe Pesci, candidato all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, e la splendida Cathy Moriarty. I mix sonori mescolano la violenza della presa diretta con i momenti di musica extradiegetica, il montaggio (anch’esso premiato con l’Oscar, ad opera di Thelma Schoonmaker) è sublime e mostra la cattiveria degli sfoghi del protagonista come anche l’eleganza del pugilato. Indimenticabili i primi minuti nei quali scorrono i titoli di testa. Un film scomodo ad un pubblico che si aspetta un po’ di intrattenimento e niente più, ma allo stesso tempo una pellicola che non può venire trascurata da chi ama il cinema di una volta e chi vuole vedere storie, vere o meno, raccontate in maniera naturale, senza tanti romanticismi forzati e senza quel buonismo edulcorante spesso fastidioso in un film biografico. La forza coinvolgente dell’espressività di De Niro basterà a tenervi incollati fino alla fine del film, ma vi posso assicurare che non è l’unico pregio del lungometraggio, come ho cercato di sottolineare in questa fin troppo breve accozzaglia di parole.
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