Amante della narrazione teatrale quasi per obbligo visti i suoi natali anglosassoni, l'autore Joe Wright firma la regia di una pellicola ispirata a fatti realmente accaduti a Los Angeles, la città degli angeli citata più e più volte dal co-protagonista Jamie Foxx, il quale impersona Nathaniel Ayers Jr., senzatetto con un grande talento musicale ma dalla mente un po' disturbata. A scoprire la sua storia è il colonnista Steve Lopez, interpretato da Robert Downey Jr., che decide di trasformare Nathaniel in una notizia importante e in un simbolo per il problema degli homeless nella città californiana. Fortuna che nella realtà Steve Lopez ha avuto una capacità di scrittura migliore di quella della sceneggiatrice Susannah Grant, riuscendo a smuovere le coscienze di molte persone benestanti nella città degli angeli, perché lo script del film cerca troppo spesso di sfruttare la lacrima facile e l'ammiccamento verso il pubblico, stendendo una trama dal ritmo e dagli sviluppi piuttosto scontati (a parte un ottimo finale) e cercando di colpire lo spettatore in maniera non così profonda.
Sarebbe stato, quindi, il classico film tratto da una storia vera dedicato ad un problema sociale da non trascurare ma del quale ci saremmo subito dimenticati se non fosse per la preziosa regia dell'inglese Wright, che aggiunge quel tocco di stile personale e interessante alla storia, narrandola tramite piani sequenza e carrelli in movimento completamente al servizio della trama e della personalità dei suoi personaggi e dando un'anima ad essi, profondi grazie alle loro performance riprese dai primi piani piuttosto che alle parole che vengono esclamate. La cura estetica del film e la particolare voglia di ingannare lo spettatore meglio che si può permette al film di apparire a tratti quasi un teatro filmato: più volte, infatti, sembra quasi che le scenografie siano state realizzate tutte in un unico teatro di posa e l'inganno creato dall'autore offre al film e alla trama quel qualcosa di nuovo e originale che permette al prodotto di distinguersi rispetto ai suoi numerosi simili. Oltre agli attori protaognisti, bravi e in un certo senso addirittura stupefacenti (l'intensità di Jamie Foxx raggiunge picchi rari per la sua filmografia e Robert Downey Jr. non è così intenso da tanto, troppo tempo) a rendere più invitante la visione c'è il cast di contorno, in cui troviamo la brava Catherine Keener e l'ottimo Tom Hollander (Cutler Beckett della saga Pirati dei Caraibi). Ben orchestrate le musiche di Dario Marianelli, il quale dà il meglio di sé proprio nei momenti più significativi della regia, ovvero quei piani sequenza che accompagnano i personaggi o che descrivono i sobborghi californiani, realizzando dei temi che si affiancano molto bene con le musiche classiche scelte per questo film. Altrettanto intensa è la fotografia di Seamus McGarvey, forse la cosa migliore del film, perché riesce a offrire dei sensazionali giochi di luce ed ombra e, allo stesso tempo, riesce a mettere in risalto le performance degli attori, le scenografie e, soprattutto, il particolare piano di regia pensato da Wright, enfatizzato alla stessa maniera dal montaggio di Paul Tothill, il quale cerca sempre di sottolineare nel migliore dei modi l'atmosfera e l'emotività di ogni sequenza, spesso con un montaggio abbastanza scolastico ma rispettoso del ritmo della storia. In sostanza una pellicola che sarebbe potuta uscire come tante altre, ma che la mano delicata di Wright e il suo amore per il cinema e per la narrazione riescono a trasformare in qualcosa di più interessante rispetto al solito, edulcorato compitino americano.
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