Dopo il piccolo interludio
drammatico de Il curioso caso di Benjamin
Button e The social network, il
regista David Fincher ritorna al
genere con cui ha esordito, il thriller. Dalla detection di Seven all’inchiesta giornalistica di Zodiac, l’autore ci ha regalato grandi
opere d’azione e di suspense e ora unisce i due generi sopracitati per
presentarci la sua versione della storia di Stieg Larrson, una trilogia che inizia con Millennium – Uomini che odiano le donne. Questa
pellicola rispecchia la curiosa e controversa politica
americana del remake, riassumibile nella frase “se un film è buono all’estero,
noi lo rifacciamo a modo nostro”.
Uno degli ultimi esempi di remake è stato il riuscito Blood Story di Matt Reeves, che recuperava l’ottima pellicola Lasciami Entrare di Tomas Alfredson. E ogni spettatore, in ognuno di questi casi, ha il diritto di decidere quale dei due preferisce in base ai propri gusti, perciò non troverete nessuno paragone con l'omonima pellicola di Oplev. David Fincher ritorna al suo meglio dopo aver abbandonato il thriller in Zodiac dedicandosi, per un breve periodo, al drammatico. Già dai titoli di testa si inizia a percepire la violenza, la sporcizia e il marcio che pervaderanno la pellicola dall’inizio alla fine, donando al tutto dei toni che si ispirano al noir più crudo e offuscato. Molto interessante, inoltre, il modo in cui Fincher porta avanti le storie di Lisbeth e Mikael in maniera separata senza mai unirli per buona parte del film (nonostante i due abbiano già cominciato ad indagare assieme sull’omicidio). Ottima prova di recitazione da parte di tutto il cast, ognuno dei quali merita una menzione. Daniel Craig, nonostante sia ormai per tutti James Bond, riesce a calarsi perfettamente nella parte dell’antieroe di questo film senza sbavature, dimostrando di essere un attore ben più talentuoso di quanto finora aveva dato a vedere. Rooney Mara riempie lo schermo ogni volta che si mette in mostra, presentandoci una Lisbeth Salander impenetrabile e solitaria, ma nello stesso tempo geniale e speranzosa. Il più curioso resta però Stellan Skarsgard che ricorda non poco il fantastico Kevin Spacey di Seven. Gli attori si incastrano perfettamente nella sceneggiatura minuziosa e interessante di Steven Zaillan che ha, come unico punto debole, quello di risolvere qualche incastro secondario troppo facilmente, lasciando il pubblico lievemente perplesso e con qualche domanda non risolta. Nota di merito alle avvolgenti ed enigmatiche musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, che riescono a mantenere l’interesse di chi guarda il film sempre acceso e mai calante. Inoltre David Fincher può contare su un comparto tecnico veramente formidabile, dal direttore di fotografia Jeff Cronenweth (che alterna il presente freddo e conflittuale con dei flashback caldi e nostalgici) ai montatori Kirk Baxter e Angus Wall (capaci di rendere claustrofobico perfino un ambiente trasparente, tagliando il fotogramma giusto al momento giusto, e mantenendo sempre alto il livello di tensione necessario al film).
Uno degli ultimi esempi di remake è stato il riuscito Blood Story di Matt Reeves, che recuperava l’ottima pellicola Lasciami Entrare di Tomas Alfredson. E ogni spettatore, in ognuno di questi casi, ha il diritto di decidere quale dei due preferisce in base ai propri gusti, perciò non troverete nessuno paragone con l'omonima pellicola di Oplev. David Fincher ritorna al suo meglio dopo aver abbandonato il thriller in Zodiac dedicandosi, per un breve periodo, al drammatico. Già dai titoli di testa si inizia a percepire la violenza, la sporcizia e il marcio che pervaderanno la pellicola dall’inizio alla fine, donando al tutto dei toni che si ispirano al noir più crudo e offuscato. Molto interessante, inoltre, il modo in cui Fincher porta avanti le storie di Lisbeth e Mikael in maniera separata senza mai unirli per buona parte del film (nonostante i due abbiano già cominciato ad indagare assieme sull’omicidio). Ottima prova di recitazione da parte di tutto il cast, ognuno dei quali merita una menzione. Daniel Craig, nonostante sia ormai per tutti James Bond, riesce a calarsi perfettamente nella parte dell’antieroe di questo film senza sbavature, dimostrando di essere un attore ben più talentuoso di quanto finora aveva dato a vedere. Rooney Mara riempie lo schermo ogni volta che si mette in mostra, presentandoci una Lisbeth Salander impenetrabile e solitaria, ma nello stesso tempo geniale e speranzosa. Il più curioso resta però Stellan Skarsgard che ricorda non poco il fantastico Kevin Spacey di Seven. Gli attori si incastrano perfettamente nella sceneggiatura minuziosa e interessante di Steven Zaillan che ha, come unico punto debole, quello di risolvere qualche incastro secondario troppo facilmente, lasciando il pubblico lievemente perplesso e con qualche domanda non risolta. Nota di merito alle avvolgenti ed enigmatiche musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, che riescono a mantenere l’interesse di chi guarda il film sempre acceso e mai calante. Inoltre David Fincher può contare su un comparto tecnico veramente formidabile, dal direttore di fotografia Jeff Cronenweth (che alterna il presente freddo e conflittuale con dei flashback caldi e nostalgici) ai montatori Kirk Baxter e Angus Wall (capaci di rendere claustrofobico perfino un ambiente trasparente, tagliando il fotogramma giusto al momento giusto, e mantenendo sempre alto il livello di tensione necessario al film).
buon film, ma a mio dire trooooooooppo lungo XP la parte finale è stata micidiale per la mia pazienza, nonostante fosse stata trattata con l'elegante formalità che contraddistingue i lavori di Fincher.
RispondiEliminaE poi scusa l'ovvietà maschilista, ma Noomi Rapace è Noomi Rapace!
Io l'ho trovato ottimo, nemmeno troppo lungo al cinema. Dovrei rivederlo, però, questo te lo concedo.
Eliminaio rimango fedele alla versione nordica, non avendo letto i libri [purtroppo] :)
EliminaPrima o poi vedrò anche quella, è nel mio pc da un po' effettivamente...
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