In molti reputano l'autore Kenneth Branagh come un regista pretenzioso, eccesivamente teatrale e l'incarnazione cinematografica dell'egocentrismo più sfreanto (proprio a causa di questo gli fu affidata la parte del presuntuoso Gilderoy Hallock in Harry Potter e la Camera dei Segreti). Se tutte queste caratteristiche valgono per il suo stile e per la sua persona, lo stesso non si può dire del risultato delle sue opere. In particolare questo suo Frankenstein di Mary Shelley vive proprio grazie ai tanto criticati eccessi di Branagh, che cura una regia meticolosa e pulsante, sempre al servizio di un cast spettacolare dove a farla da padrone è la Creatura interpretata da un Robert De Niro all'ennesima potenza, tragico e perfido, drammatico e spaventoso, villain e protagonista al tempo stesso.
Al fianco di Branagh nel ruolo di Victor Frankenstein troviamo la sorella-amante Elizabeth che ha le sembianze di una leggiadra Helena Bonham Carter, dapprima elegante e fragile per poi trasformarsi sempre più in un'orrenda maschera raccapricciante. Si aggiungono al cast il teatrale Ian Holm nel ruolo del padre di Frankenstein e il talentuoso John Cleese nella parte del professor Waldman. Ognuno di essi ha il suo piccolo momento di gloria, reso al meglio grazie ad una macchina da presa instancabile, quasi sempre in movimento e da un piano di regia all'insegna del piano sequenza. Più o meno brevi, infatti, i piani sequenza girati in steadycam trasformano quella che sarebbe potuta essere l'ennesima trasposizione del capolavoro gotico di Mary Shelley in un'opera nuova e frenetica che rende anche il momento più noioso qualcosa di importante, movimentato e dinamico. Non manca comunque il modo di fare cinema più classico, quello dei campi e controcampi: ottimo la scambio di battute all'interno della grotta tra Frankenstein e la Creatura, illuminato dalla perfetta luce tetra e fredda elaborata dal validissimo Roger Pratt e resa interessante dal montaggio ottimo di Andrew Marcus, che fa il lavoro dei piani sequenza laddove essi non sono presenti. Nota di merito ai fantastici costumi d'epoca ad opera di James Acheson, surclassati però da scenografie maestose, sfarzose e meravigliose frutto dell'ingegno di Tim Harvey. Ennesimo elogio al lavoro esasperato e dinamico che Patrick Doyle svolge con le sue musiche, in sintonia con il resto del film. Tre nomi, invece, per il trucco più mostruoso degli anni '90, cioè quello che ricopre il volto dello sfigurato Robert De Niro: Paul Engelen, Daniel Parker e Carol Hemming fanno sbiadire il tetro Dracula di Gary Oldman e sfornano uno spaventoso e combattuto mostro frutto di un esperimento folle ed eccessivamente ambizioso. A sceneggiare questa fantastica rivisitazione abbiamo il noto Frank Darabont affiancato da uno scomparso Steph Lady (nel senso che non si sa che fine abbia fatto nel mondo del cinema), i quali modificano molte cose del romanzo focalizzando la loro attenzione sull'aspetto più romantico e grottesco dell'opera. Del resto la voce fuori campo che, all'inizio del film, presenta le intenzioni di Mary Shelley parla chiaro: "Mi ingegnai ad inventare una storia che sapesse parlare alle paure più misteriose della natura umana, risvegliando in essa il fremito dell'orrore." E cosa c'è di più orrido, tragico e spaventoso di un amore perduto due volte e di un infinito senso di colpa che accompagnerà la persona che ne deve sopportare il fardello fino alla morte?
non mi ha minimamente entusiasmato. E ciò che dici di Branagh come regista a inizio recensione lo trovo qui confermato in tutto il suo (mancato)splendore.
RispondiEliminaNon so, a me la messa in scena sfarzosa di Branagh non mi dispiace. Certo è un personaggio sgradevole, questo Victor Frankenstein, ma i numerosi piani sequenza del film mi hanno incantato. Solo che avevo sbagliato a mettere le stellette causa fretta di pubblicare.... Quattro erano decisamente troppe! :D
EliminaHo cliccato sull'immagine sbagliata nel caricare il tutto LOL
ah bene, tre possono andare bene alla fine u.u
Elimina