Lo ammetto, è una lacuna molto grande per questo blog, ma mai quanto quella del cinema orientale (che mi riprometto sempre di colmare, ma ancora oggi la mia ignoranza in materia resta vasta). Nel frattempo cerchiamo di riempire qualche piccolo buco della cinematografia del nostro bel paese, bistrattata da molti e considerata spesso e volentieri ripetitiva e mai fresca o nuova. Eppure qualcosa di originale c'è anche oggi, nonostante quello di cui stiamo per parlare non sia un film da uso e consumo, ma più da festival. Questa, però, è una parentesi che eviterei di aprire ora, perché sarebbe un argomento ampio e infinito e non è di questo che vogliamo discutere, bensì di uno dei pochi interessanti film italiani dei nostri anni, ovvero Respiro, una pellicola introspettiva e religiosa diretta da Emanuele Crialese, elogiato dai più per il suo Terraferma.
Scritto dallo stesso regista, il film ha vinto due premi della critica al festival di Cannes del 2002 e un David di Donatello come miglior produttore destinato a Domenico Procacci, che ha saputo dare fiducia ad un progetto intimo e apparentemente di nicchia, ma allo stesso tempo alla portata di tutti. Per la maggior parte del tempo i dialoghi sono recitati in siciliano a tratti anche molto stretto, per dare alla pellicola quel senso di appartenenza ad un luogo ben preciso e per rendere il film il più realista possibile, senza però scivolare nell'errore di lasciare un pubblico estraneo ai dialoghi. Il rude e materialista Pietro è interpretato da Vincenzo Amato mentre lo spirito libero di Grazia ha le sembianze di Valeria Golino; due personaggi dai nomi particolarmente iconici, i quali mettono in risalto le loro peculiarità e i loro caratteri. I continui rimandi alla religione e alla fede rendono il tutto ancora più etereo, come anche il simbolismo dell'acqua come fonte di vita e come unico metodo di rapporto con gli altri: Grazia infatti si rifugia sempre in acqua, l'unico elemento dove può essere se stessa, che sia da sola oppure con i figli. Il tutto è raccontato dalla sapiente mano di Crialese che lascia agli interpreti e al crudo realismo della vicenda l'onere di fare appassionare il pubblico ad una storia dai tratti tipicamente documentaristici nonostante la finzione della sceneggiatura. Merito anche del direttore di fotografia Fabio Zamarion che lascia all'illuminazione una libertà espressiva tipicamente realista: la luce del sole eccede e picchia in maniera eccessiva sulla scena senza però disturbare, aiutando anzi il regista a raggiungere il suo obiettivo di realismo. Ampio spazio viene poi dato alle musiche di Andrea Guerra e John Surman, due autori che collaborano in modo omogeneo sia tra loro che con gli altri comparti tecnici, lasciando che il film goda di due o tre momenti enfatici dal profondo respiro emotivo e introspettivo, attraverso i quali lo spettatore può non solo riflettere sulla situazione narrata, ma anche immedesimarsi in essa e perdersi assieme a Grazia in mezzo al mare, cullato dalle acque cristalline, limpide, pure e purificanti. Una pellicola che non ha come scopo quello di battere i record di incassi, ma che invece cerca di penetrare nella pelle di chi guarda il film e renderlo partecipe di un mondo apparentemente passato, ma presente ancora oggi in alcune parti di un'Italia che sembra essersi dimenticata delle piccole cose, così come sembra essersi dimenticata di lavori validi come questo. Giocando un po' con il titolo del film, posso assicurarvi che Respiro è una boccata d'aria fresca immersa in un contesto cinematografico all'interno del quale non può che emergere per la sua qualità simbolica e non solo. Un film che gioca al meglio tutte le sue carte, vincendo sotto ogni punto di vista.
L'ho visto sette anni fa, e ricordo che mi era piaciuto molto - anche se pure io come molti tendo a preferire "Terraferma". Buona prova comunque, il cinema italiano c'è, eccome!
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