12 novembre 2015

Vicky Cristina Barcelona


Può una vacanza emozionante e diversa cambiare il nostro punto di vista sulla nostra vita e su quello che vogliamo? Può una persona conosciuta per sbaglio capovolgere i nostri desideri e mettere in dubbio le nostre certezze? Per Vicky e Cristina, americane in vacanza a Barcellona, è stato così: dopo aver passato un fine settimana con un artista iberico di nome Juan Antonio, le due amiche si ritrovano completamente spaesate e del tutto insicure su ciò che prima era il loro modo di affrontare ogni giornata. Vicky, che sta per sposarsi con l'uomo della sua vita, si ritrova emotivamente coinvolta nei confronti di questo misterioso ed affascinante sconosciuto, il quale però prova dei forti sentimenti per Cristina ed è ancora legato alla sua ex-moglie. Come avete potuto notare dalle parole che avete appena letto, questa è una storia di incastri, situazioni, momenti, imprevedibilità, emotività e incertezze, una storia piena di vita e di attimi che abbiamo imparato nel nostro piccolo ad odiare. Odiamo tutto di questo bistrattato film di Woody Allen: odiamo l'ingenuità del marito di Vicky, l'insicurezza di lei, l'euforia di Cristina, la follia di Maria-Elena, l'esagerata esuberanza di Juan Antonio e, più in generale, la disarmante superficialità con cui tutto viene subito dai personaggi messi in scena dal regista americano. Eppure.
Non è facile raccontare una storia così imprevedibile, incerta, traballante e sopra le righe, inaspettata come un colpo di pistola sulla mano sinistra, confondente come un terrificante dipinto di arte contemporanea, finta come solo il Cinema ma vera come solo la vita. Questa è l'incredibile forza di Vicky Cristina Barcelona, un film che ha il suo principale pregio nella noiosa monotonia dell'imprevedibilità del caso, nell'inaspettata casualità delle situazioni e nella costante insicurezza in cui vivono i personaggi. Le protagoniste si confrontano inoltre con un paese straniero che le accoglie ma che comunque non le fa proprie, dal quale vengono in qualche modo dipinte come diverse ed estranee. Sottolineando lo stereotipo spagnolo, Allen ci fa notare come, a differenza degli americani, essi agiscano e vivano appassionatamente, mentre gli abitanti d'oltreoceano siano pieni di ansie, paure e incertezze, incapaci di fare un passo falso, spaventati dall'idea di uscire dalle proprie sicurezze. Due stereotipi a confronto che evidenziano ambedue i lati negativi non solo delle rispettive comunità di appartenenza, ma dell'animo umano in generale, troppo passionale da una parte (fino alla follia più pura e irrazionale di Penelope Cruz), troppo inamovibile dall'altra (fino alla metodicità più tediosa di Chris Messina, il marito di Rebecca Hall). E, quando qualcosa arriva a scuotere le nostre instabili certezze, ecco che decidiamo di coglierlo, di lasciarci travolgere e di permettergli di confondere il nostro piccolo mondo stabile, perché solo mettendoci in discussione possiamo riuscire a gettare delle solide basi per quello che vogliamo o per ciò di cui comunque abbiamo bisogno. Alla fine ecco che torna l'amara speranza di quella solida base di cui sopra, che viene riscoperta e confermata solo dopo essere stata scossa adeguatamente, una base fatta di certezze ben più ferree, ma che non necessariamente condurranno a quella felicità tanto ricercata. In fondo, però, come ci ricordano fugacemente le due protagoniste con una rapida linea di dialogo del film, basta che funzioni. Ancora una volta.

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