8 dicembre 2014

The Counselor - Il Procuratore

C'è qualcosa che scricchiola e stride nell'ultimo film di Ridley Scott, che vorrebbe disperatamente farsi amare dal pubblico - il quale, almeno in parte, l'ha elogiato senza troppi problemi - ma che comunque non riesce ad ingranare in tutti i suoi aspetti. La prima cosa che salta all'occhio, in questo thriller scritto da Cormac McCarthy in persona, è la fantastica fotografia da Dariusz Wolski che dà risalto alle sequenze più importanti del film, come la prima, erotica, ottima scena in cui ci viene presentato il rapporto tra i personaggi di Michael Fassbender (sempre in ottima forma, capace di regalare una performance da brividi, due spanne sopra il resto del cast, forse anche per via della scrittura dei personaggi) e di Penélope Cruz, aprendo il film sulle romantiche e ammiccanti lenzuola bianche che avvolgono i corpi dei due amanti. La storia poi comincia a presentarci un personaggio più fastidioso dell'altro, tutti pronti ad insegnare e spiegare e far capire a Fassbender come funziona questo mondo marcio all'interno del quale si è infilato, con discorsi ai limiti del moralismo (per quanto un criminale possa fare la morale ad un avvocato che cerca soldi facili), i quali annoiano quasi subito per la loro ripetitività, nonostante la messa in scena fotografata da Wolski e le musiche di Daniel Pemberton mantengano alta la curiosità dello spettatore, che spera in un proseguo col botto.
E invece si resta lì imperterriti ad osservare la caduta nel baratro di un avvocato dalla dubbia moralità che si lascia coinvolgere in un giro sporco, lo vediamo perdere tutto quello che ha di più caro un poco alla volta, lo vediamo circondarsi di personaggi poco raccomandabili ma non lo vediamo mai protagonista vero e unico del film, e forse è proprio questo il problema di The counselor - Il procuratore: c'è un bravissimo Michael Fassbender che piange, trema, suda, si dispera, capisce di essere arrivato ad un punto di non ritorno e vorrebbe maledire il giorno in cui ha fatto certe scelte, ma non si incentra il film su di lui, si decide invece di trasformare il tutto in una storia corale della quale pare interessante scoprire i risvolti di ogni singolo co-protagonista del quale, diciamoci pure la verità, ci interessa ben poco. La crime story, che dovrebbe passare in secondo piano di fronte al dramma che sta vivendo l'avvocato che apre il film sotto quelle bianche, candide, pure e rassicuranti lenzuola, diventa invece il fulcro principale di tutta la narrazione, che si appesantisce di molto quando al centro della scena abbiamo, ad esempio, il solito Brad Pitt che, seppure sia bravo anche lui, non è protagonista di situazioni della stessa importanza di ciò che sta passando il nuovo arrivato, o anche Javier Bardem, eccentrico socio in affari di Fassbender, ma personaggio già navigato, pronto a correre i rischi che sono all'ordine del giorno per uno come lui, affiancato da una Cameron Diaz che, al di là della sua bellezza e dei suoi occhi così accattivanti, non riesce a graffiare come il suo personaggio dovrebbe. Un film incerto, dunque, questo di Ridley Scott, che in alcuni punti riesce a regalare picchi di grande cinema, ma che in altri momenti non sembra nemmeno volercisi avvicinare allo stesso risultato. Ora spetta a voi decidere se quegli attimi di puro genio artistico siano più che sufficienti per una visione.

2 commenti:

  1. No, per me non sono sufficienti. Il film per 3/4 affoga nel ridicolo involontario (a mia personalissima opinione, naturalmente) e non basta qualche movimento di macchina fatto bene per salvarlo. Scott ormai è l'ombra di se stesso, e questo film grida vendetta se confrontato con i titoli del suo illustre passato...

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