Se volete capire al meglio che cosa significhi avere una buona idea e sfruttarla male, vi basterà tuffarvi nella visione di questo Upside Down, film che sembrava avere tutte le intenzioni di proporre allo spettatore qualcosa di nuovo ma che invece si risolve in un (quasi) nulla di fatto. Scritto e diretto da Juan Diego Solanas nelle vesti di un regista per la prima volta alle prese con un mezzo blockbuster, il film parte con una già di per sé snervante voce fuori campo che inizia a raccontare le leggi che regolano il nuovo immaginario creato dall'autore, un universo particolare che si sviluppa su due gravità differente e che vede due mondi uno sopra l'altro condividere lo stesso pezzo di cielo in maniera non del tutto pacifica e anche piuttosto banale (chi sta sopra è benestante, chi sta sotto è un poveraccio, sociologicamente parlando). Peccato che la parte interessante si fermi solo ai primi dieci/quindici minuti e che tutto il resto di film si concentri sulla storia d'amore tra i due protagonisti Jim Sturgess e Kirsten Dunst che hanno il loro pregio nella bellezza estetica ma che a livello recitativo non offrono nulla di nuovo o che non sia già stato visto all'interno di una qualsiasi altra commedia romantica.
Ottimo il feeling tra i due, ma avere un paio di bei protagonisti e farli interagire raccontando il loro amore non basta più e serve un contorno originale affinché la classica trama romantica venga apprezzata dal grande pubblico. Questo purtroppo manca, o meglio, viene sfruttato male, anche perché il focus principale non è sempre sulla storia d'amore, ma qua e là si cerca di proporre una critica sociale e capitalistica che sarebbe stata anche interessante, ma che si risolve anch'essa in qualcosa di già visto e di estremamente superficiale, tanto da infastidire mentre alla fine queste tematiche molto sottili incontrano il romanticismo più classico. Purtroppo anche a livello estetico la pellicola risulta incompleta e a tratti fastidiosa, poiché la fotografia di Pierre Gill è sempre sopra le righe, sia che voglia raccontare i colori solari del mondo di sopra che quelli più freddi del mondo di sotto, tracciando una netta separazione (ancora una volta già vista e poco originale) tra le due parti e annoiando a morte con quel maledetto sole sempre sullo sfondo, atto a regalare alla Dunst una terrificante aura angelica che ne fa sparire i contorni e che non la valorizza per niente. Allo stesso modo le musiche di Benoît Charest risultano inutilmente epiche e spesso sovrastano la scena catturando l'attenzione del pubblico e condendo le sequenze con delle pompose arie che non danno niente di più, anzi stonano terribilmente con tutto il resto del film. Oppure no, visto che ogni singola cosa, dal piano di regia alla sceneggiatura, è pomposa e raccontata nel più enfatico dei modi, nonostante il tutto non sia nient'altro che una piccola storiella d'amore senza senso e priva del minimo pizzico di originalità. Upside Down è, almeno per il momento, l'occasione sprecata di quest'anno, perché si annusa all'interno delle inquadrature l'idea di offrire al pubblico qualcosa di potente e di visivamente originale, ma poi alla fine gli argini raccolgono questo fiume tempestoso di idee e lo raddrizzano incanalandolo verso l'unica e ormai troppo sfruttata via dell'entertainment banale e scontato. Tuttavia ci si può passare un San Valentino diverso, con questo film.
Hai ragione: è un film che non sfrutta bene un'ottima idea. Alla fine è fuffa fuffosa. I due che recitano fanno letteralmente venir voglia di andare in bagno (sono gentile).
RispondiEliminaRecitazione che non offre nulla di nuovo, e un piano di regia che non sfrutta niente di ciò che può offrire di nuovo. Una delusione totale.
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