Girovagare, festeggiare, sperimentare. Scoprirsi, cercarsi, perdersi, ritrovarsi, momenti che ogni essere umano ha vissuto nel suo periodo adolescenziale. Volere, fare, potere, desiderare ma, soprattutto, sentirsi i più forti e avere tutto il mondo nelle proprie mani. Spring Breakers racconta una adolescenza sconvolta di quattro sperdute passerotte che decidono di festeggiare le loro vacanze primaverili senza dire niente ai loro genitori, figure onni-assenti per tutta la durata della pellicola, dei quali non sentiamo nemmeno le voci fuori campo al telefono e che non si fanno pensieri se le loro bambine sono scomparse per circa una settimana; questi tutori inesistenti, o esistenti solo in maniera fugace, vengono sostituiti da figure paterne discutibili che diventano ben presto amanti e aiutano le quattro piccole passerotte ad ambientarsi in questo nuovo, strano mondo di cui fino a qualche giorno prima non sapevano l'esistenza.
Spring Break per sempre, ripete la voce di James Franco di tanto in tanto, come ad acclamare rumorosamente un moderno Paese dei Balocchi che attrae poveri ciuchi dispersi che hanno le sembianze di Vanessa Hudgens, Selena Gomez, Ashley Benson e Rachel Korine, ognuna delle quali reagisce in modo del tutto diverso, perdendosi ancora di più rispetto a prima e trovandosi senza un appiglio proprio per la mancanza della famiglia di cui sopra, incapace di educare i propri figli. Faith, la Gomez, è quella che capisce per prima l'abominio di questo mondo, perché ha la Fede (non a caso) come punto fermo attorno al quale basare le proprie scelte, ed ha un attaccamento alla famiglia ben diverso dalle altre ragazze, che sceglieranno di seguire strade opposte e che non smetteranno di perdersi lungo il corso del film. Droga, sesso, alcol, fumo, pistole, rapine, prigione; questo lavoro analizza e descrive tutte quelle componenti negative della società, senza mai fare cenno a quelle positive, per questo il gesto di tornare a casa non è classificabile come un abbandono dello sbagliato per tornare al giusto, ma è più che altro una rinuncia o, se preferite, una sconfitta personale per non essere riusciti a spaccare il mondo come si sperava. Nessuna gioia, nessun premio di consolazione, nessun ritorno a casa viene inquadrato dalla mano di Harmony Korine, che più che altro si sofferma sulla fuga delle ragazze, deluse dal mondo e da loro stesse. Tutto questo viene raccontato con una idea registica ottima, poiché Korine decide di trascinare lo spettatore all'interno di un incessante oblio confuso, caratterizzato da un continuo senso di deja-vu e da una sospensione del tempo infinita: non c'è differenza tra il primo o il settimo giorno, non riusciamo a comprendere lo scorrere del tempo, riusciamo solo ad intuire la cronologia degli eventi. Flashback, flash forward, voci fuori campo, ralenti; il presente, il passato e il futuro si uniscono in un costante ed incomprensibile tempo sospeso, come se anche noi fossimo sotto l'effetto di sostanze stupefacenti e non avessimo più un appiglio a cui aggrapparci.
Dovrei rivederlo ma, come in tutti i film che dividono, il mio giudizio sta sempre in un comodo mezzo.
RispondiEliminaPerché sei un ignavo, e finirai nell'inferno di Dante.
Eliminacapolavoro forever. oh yeah!
RispondiEliminaPurtroppo non mi trovo d'accordo col tuo giudizio a quattro stelle. Ti seguo da qualche tempo su Youtube, e sono riuscito a rintracciare nella tua critica molti degli elementi di originalità e scioltezza comunicativa che mancano a youtubers più acclamati e seguiti; ma non pensavo che avresti giudicato così bene un lavoro che invece a me è parso superficiale, interpretato alla bell'e meglio, sciapo nei contenuti. Capisco perfettamente la critica serrata contro le idolatrie dei diciottenni di quest'epoca storica, e mi sta bene il senso di vuoto esistenziale che accompagno personaggi e spettatore nel gorgo sempre più profondo di una vacanza-inferno, ma cosa rimane dopo la visione? Non si esce dalla sala con l'inquietudine appiccicata alla pelle, non ci si sente rabbuiati da quelle immagini, non si percepisce il peso delle atmosfere; al massimo di alza il sopracciglio davanti alla mancanza di intreccio narrativo. Se il regista voleva comunicare un disagio, fallisce nella sua impresa nel momento in cui decide di assegnare la parti agli attori in questione, a cominciare da Franco che no ha né il muso né il fisico da gangster che gli ci vorrebbero, passando per le protagoniste di cui si ricordano più i seni che le facce, e finendo con tutto il resto, che non merita nemmeno di essere citato. Come dici tu un solo punto va a favore di questo film: la sensazione di straniamento, alienazione, sospensione del tempo, quella ventata crepuscolare incrollabile che ci lascia il retrogusto di ciò che sono state realmente quelle giornate da capogiro.
RispondiEliminaNient'altro.
Se fossero stati tutti così sicuri di portare a casa un successo strepitoso, nella loro pellicola-denuncia, tutte le schiere di uomini che anno prodotto questo lavoro non avrebbero certo sparato una locandina con quattro tipe - appena maggiorenni - in bikini. E la loro politica aziendale non avrebbe previsto di dover piazzare un quarto d'ora di topless all'inizio della proiezione che strizzasse l'occhio al testosterone invece che alla nostra intelligenza.
"Non si esce dalla sala con l'inquietudine appiccicata alla pelle, non ci si sente rabbuiati da quelle immagini, non si percepisce il peso delle atmosfere"
RispondiEliminaTi ringrazio per seguirmi, ma mi dispiace, perché ciò che tu dici di non aver percepito, io l'ho sentito.