Può darsi che per alcuni vedere questo film quasi cinquant'anni dopo possa risultare noioso, o inutile, o superfluo, perché ormai lo sappiamo che ciò che conta è l'amore e non il colore della pelle, perché ormai non viviamo più nella stessa società che condannava in maniera così radicale e rigida i matrimoni interrazziali (anche se su questo punto ci sarebbe comunque da discutere), perché ormai i tempi sono cambiati. Certo, un film che parla di una ragazza bianca che decide di presentare il suo futuro marito negro ai suoi genitori, con tutte le conseguenze che si verranno a creare e che potete già immaginare, potrebbe essere ai nostri giorni un semplice film carino che rispecchia i tempi passati e che pone una idea forte e controversa per l'epoca a cui appartiene. Allora in che modo Indovina chi viene a cena? entra di diritto tra i migliori film della storia anche trascurando la sua importanza sociologica? Scritta da William Rose, la pellicola ha indubbiamente un messaggio anti-razzista che vuole divulgare, ma è principalmente una commedia che sfrutta al meglio tutte le sue qualità continuando a cambiare in continuazione le carte in tavola.
Si parte dal tema principale, ovvero quello del genero di colore presentato a due genitori spiazzati ma comunque fortemente convinti delle loro opinioni, per poi passare ad un confronto tra sessi, dove le donne (sempre più comprensive) e gli uomini (burberi, testardi e presuntuosi) si trovano a due poli decisionali opposti, trasformandosi infine in un confronto non più razziale o sessuale, ma generazionale, in cui padre e figlio battibeccano apertamente (con vittoria a man bassa della giovinezza, perché sono loro il mondo, e lo cambieranno, questo porco mondaccio). Che Stanley Kramer abbia voluto nascondere tutto questo dietro lo scandalo del matrimonio interrazziale? Dopotutto, nonostante ci siano Sidney Poitier e Katharine Houghton sulla locandina, è altrettanto vero che loro sono solo il fulcro della vicenda, il motivo attorno a cui ruota tutta la storia, mentre il protagonista è un altro: il signor Drayton, ovvero quello straordinario Spencer Tracy che per tutto il film non fa altro che rimuginare, sconvolgersi, cambiare idea, cercare di capire quale sia la cosa giusta da fare. Sua moglie (una elegante e bravissima Katharine Hepburn) ha già capito che cosa sia giusto, come tutti gli altri personaggi, anche chi è contrario al matrimonio è ben fermo nelle proprie convinzioni, ma Matt Drayton riflette, pensa, prende tempo, si agita per via delle poche ore a sua disposizione per prendere una decisione così importante e affronta quei dibattiti, quegli scontri generazionali, sessuali, a volte anche politici, religiosi e morali cui ho accennato qualche riga fa. Forse è l'unico personaggio che li affronta tutti e che ne prende spunto per ritrovarsi infine da solo, sul terrazzo, a riflettere su ogni singola parola e su tutte le affermazioni ascoltate e dette in giornata. Perché i consigli sono importanti, aiutano e guidano, ma il momento più sacro e il confronto più importante avviene quando siamo soli con noi stessi: è quello l'attimo in cui possiamo finalmente raccogliere le idee e gridare che mi venga un corno! Tutto ciò rende questa pellicola più intima di quanto non si possa pensare e, al di là del messaggio sociale contestualizzato all'epoca della sua uscita, all'interno del film c'è la storia di un uomo che deve fare una scelta. Potrebbe essere proprio questo il motivo per cui quest'opera non ha perso nulla del fascino e della potenza che aveva quasi cinquant'anni fa.
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