19 gennaio 2013

Frankenweenie

"Oh mio Dio, il bollito Tim Burton ritorna a fare un film in stop motion e, per farlo, riprende l'idea di un suo vecchio cortometraggio? Deve avere proprio esaurito le idee!" So che la maggior parte dei detrattori di Burton ha pensato questo, soprattutto dopo aver visto Alice in Wonderland e (il fin troppo bistrattato) Dark Shadows. Ma pensare che Burton sia bollito equivale a dire che non sappia fare cinema, quando in realtà ciò che non ha mai saputo fare (per sua stessa ammissione) è scegliersi i giusti script. Se prendete i due sopracitati film, infatti, non hanno veri e propri problemi di regia bensì trame lente e a singhiozzo. Per il suo nuovo film Burton si affida alla ormai colossale casa Disney e riprende alcuni dei suoi vecchi personaggi per dare vita ad un film che è un grandioso omaggio alla sua adolescenza. Che Victor sia la più autobiografica delle creature del vecchio Tim è noto, ma che da questa assonanza di personalità potesse nascere qualcosa di così intimo e allo stesso tempo di così maestoso è una opzione che va oltre le più rosee aspettative.
Frankenweenie è un film che tocca le corde emotive di chi ama lasciarsi condizionare dalle storie di amicizia tra un ragazzo strampalato e il suo piccolo cagnolino, lasciando spazio anche ai cinefili, oltre che ai cinofili. Il vero alito di vita di questo film sono infatti le innumerevoli citazioni di altri film, in particolare gli horror targati Universal/Hammer degli anni '30/'40, dal Frankenstein con Boris Karloff al Dracula con Bela Lugosi fino alla comparsa effettiva di qualche breve interludio del Dracula interpretato da Christopher Lee (che nella versione originale presta anche la voce al professore di scienze di Victor). Non mancano poi le piccole chicche tratte dai monster movie: la tartaruga gigante è un chiaro rimando a Gamera, mentre gli altri esseri orripilanti rendono omaggio a uomini lupi, vampiri e gremlins vari. A rendere il tutto ancora più spettacolare e originale (e qui ritroviamo il Burton innovatore perduto in Sweeney Todd, dove ci presentava per la prima volta un musical privo di balli di gruppo non inerenti alla narrazione) è l'esclusivo bianco e nero con il quale Peter Sorg immortala ogni singolo fotogramma, per non parlare della stop motion che risulta ancora una volta precisa e dettagliata, e per questo dobbiamo fare i complimenti sia ai numerosi animatori che ai montatori Chris Lebezon e Mark Solomon, perché nascondono con il loro editing ogni eventuale sbafo dei movimenti. Ad arricchire il tutto le immancabili musiche dell'ormai iconico compagno di avventure Danny Elfman, capace di trasformare alla perfezione ogni opera di Burton con le sue note e la sua armonia (sì, anche Alice in Wonderland). L'ultimo amletico dilemma che resta da sciogliere è: 3D o non 3D? Personalmente, ai fini di preservare l'economia delle mie tasche, ho scelto di vederlo senza la stereoscopia, ma visto che il 3D usato con la stop motion è finora il più convincente tra tutti (fotografano due volte la stessa scena da due diversi punti di vista in modo che, montati assieme, l'effetto tridimensionale sia concreto) io mi sento di consigliarvi la visione in qualsiasi dimensione vogliate. Concludendo, senza Johnny Depp e senza Helena Bonham Carter, il caro Burton ritorna all'originario splendore e alla malinconica passione che lo aveva lanciato anni fa, un elemento su cui riflettere anche nei prossimi film.


2 commenti:

  1. A me è piaciuto, ma con riserve. Avrei preferito che si approfondissero alcuni elementi, e alcuni passaggi verso il finale mi hanno fatto storcere il naso.
    Tutot sommato un bel film, anche se non gli do un voto così alto come te.

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    1. Beh, con me gioca in casa, alla fine. Io aspetto solo che diriga la famiglia Addams.

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