10 novembre 2012

Hunger


L’operazione che tenta di fare Steve McQueen nella sua opera prima è quella di cercare di shockare lo spettatore a tal punto da farlo quasi allontanare dallo schermo mentre la macchina da presa svolge il suo compito di narratrice sadica e passiva. Tratto da una storia vera, Hunger racconta in maniera realistica e forte uno spaccato sconosciuto a molti, al quale il regista si è subito appassionato. Con un occhio attento e con un piano di regia minuziosamente studiato, McQueen racconta la storia di Bobby Sands senza mai gettarsi in melense sequenze di compassione, o in didascaliche descrizioni.
Anzi, è proprio ciò che manca in questo film, che racconta la sua trama in maniera secca, giocando sulla semplicità e sull’accuratezza dei dettagli. Steve McQueen ci fa viaggiare tra scene, come quella introduttiva, strutturate solo di dettagli e primi piani, e scene prive di montaggio, con un’unica inquadratura fissa per tutta la durata del suo svolgimento. Incredibile, inoltre, come la lentezza del ritmo non incida sulla fluidità del film, che si conclude ancora prima di quanto ci potessimo aspettare, senza averci dato il tempo di annoiarci o di accorgerci che, in fondo, sono già passati 90 minuti. Merito non solo di una messa in scena perfetta e accuratamente premeditata, ma anche dell’interpretazione dei protagonisti, tra i quali un Michael Fassbender che meraviglia e inorridisce, a causa della sua psicologia fredda e decisa, ma anche della sua mutevole fisicità, con la quale stende anche il più freddo degli spettatori. Tutti i co-protagonisti, comunque, se la cavano egregiamente, dai compagni di cella ai genitori di Bobby (dove la mamma Helen Madden è stata vestita e pettinata come una rivisitazione di Margaret Thatcher priva di polso e determinazione, probabilmente per enfatizzare ancora di più il conflitto tra “dentro” e “fuori”). Il vero e proprio punto forte, però, lo si ha nel momento in cui si capisce che Steve McQueen regala freddezza e umanità ad entrambe le parti (poliziotti e prigionieri politici), dove nessuno dei due è giustificato o accusato, ma dove entrambi vengono compresi per ciò che stanno facendo. Con la sua semplicità di stile e la sua forte freddezza, Steve McQueen si rivela un autore tutto da scoprire, ed è un vero peccato che il grande pubblico italiano abbia dovuto aspettare ben quattro anni (ringraziamo la Bim Distribuzione) per vedere questo Hunger proiettato nelle sale cinematografiche nostrane. Io consiglio l’opera prima del regista di Shame a tutti i veri appassionati di cinema e di racconti tratti da storie vere, ricordando a tutti che questo non è il solito film in cui l’eroe combatte contro il sistema. Se scegliete di tuffarvi nei suoi 91 minuti, preparatevi a farvi sconvolgere e schifare, a farvi trascinare in un racconto macabro e orrido, che non potrebbe mai essere narrato in una maniera più reale di questa.


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