16 febbraio 2013

Shutter Island

Ancora oggi è uno dei film che più fa discutere i fan del regista Martin Scorsese, nonché una delle pellicole più controverse e decisamente fuori dalla canonica linea d'onda di questo autore. Bistrattato, criticato e a volte elogiato anche troppo), Shutter Island è definito da chi sta scrivendo uno dei migliori film degli ultimi anni, nonostante sia fuori da ogni dubbio che anche lui abbia le sue pecche, come un finale ambiguo che sembra appiccicato lì tanto per creare ancora più confusione nella mente dello spettatore o qualche piccolo interludio narrativo che sa troppo da "spiegone" e che non c'entra molto con il senso logico della trama generale, ma i lati negativi sono ben pochi rispetti ai pregi che possiamo contare all'interno dei 138 minuti che compongono la pellicola.
Ispirato all'omonimo romanzo di Dennis Lehane (omonimo in patria, tradotto in Italia con il titolo di L'isola della Paura) e sceneggiato per il grande schermo da Laeta Kalogridis, il film vanta di atmosfere cupe e noir già dalla prima claustrofobica sequenza dell'approdo di una nave immersa in una nebbia spaventosa e densa e sulla quale facciamo la conoscenza di Teddy Daniels, il personaggio interpretato da un sempre elogiato e sempre poco premiato Leonardo Di Caprio con la testa all'interno del gabinetto a causa del mal di mare, mentre poco dopo veniamo a scoprire il suo grado di detective che ci fa scoprire una persona completamente diversa da quella che sembrava fino a qualche secondo prima (dualismo che tornerà utile nel corso della pellicola). Ottime le musiche classiche scelte a pennello da Robbie Robertson che non compone nulla ma si limita a ripescare da una evidentemente immensa cultura musicale per trovare il brano giusto per la sequenza giusta. Elogi a non finire alla fotografia di Robert Richardson, uno dei maestri indiscussi di quest'arte che gioca con i simboli del film (come il fuoco, ridondante e ossessivo) e allo stesso tempo ci regala atmosfere lugubri, piene di tensione e ricche di un'attenzione curata nel dettaglio per fare in modo che il senso di suspense non venga perso in nessun momento. Così come Richardson lavora con l'illuminazione, allo stesso modo Scorsese e il team di riprese lavorano con la macchina da presa: steadycam, cameracar o semplici controcampi si passano il testimone per fare in modo che il ritmo del film sia sempre crescente e che l'attenzione del pubblico non cali mai (memorabile la carrellata orizzontale in cui i nazisti vengono uccisi dagli americani e quella verticale dove Teddy Daniels sale una scala a chiocciola mentre la telecamera la "scende", creando un effetto vertiginoso sensazionale). Da non dimenticare il lavoro di Thelma Schoonmaker al montaggio, anch'esso sempre pronto a mantenere il ritmo crescente della trama e a rendere la tensione sempre efficace. Inutile spendere parole sull'enorme lavoro che Dante Ferretti fa con le sue scenografie o sull'eccezionale cast tra i quali troviamo il bravissimo Ben Kingsley, l'immortale Max Von Sydow, un sorprendente Mark Ruffalo e una ammaliante Michelle Williams, senza dimenticare il cammeo di Jackie Earle Haley. In molti banalizzano il lavoro svolto da cast e troupe in Shutter Island definendolo un semplice esercizio di stile, ma la risposta è altrettanto semplice: ad avercene di esercizi di stile così, capaci di mantenere suspense e attenzione dall'inizio alla fine e di regalare riflessioni abbastanza interessanti oltre a più di due ore di puro cinema pensato, riflettuto, giocato alla meglio e organizzato divinamente. Uno dei film minori di Scorsese? Allora cominciate a recuperarvi la filmografia del regista a partire da questo lavoro e proseguite con gli altri, le vostre pupille ne gioveranno.


10 commenti:

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    1. Uno dei miei preferiti in assoluto. Tanto Hitchcock nella regia e tanta cura sotto ogni aspetto.

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  2. Un film che sa trasmettere una fifa assurda con una fotografia fredda, un'ottima sceneggiatura, uno Scorsese in formissima e un gran cast. Arrivato al momento della verità sono restato di sasso.
    Assolutamente un gran bel film.

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    1. E quelli che lo considerano tra i minori di Scorsese...

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  3. A mio modesto parere il finale è quello che da al film senso di esistere. Ottimo thriller d'ambientazione cupa, con una regia serratissima e dei grandi interpreti!

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    1. Per finale intendo gli ultimi 2 minuti di dialogo tra Di Caprio e Ruffalo, non il finale in sé. Certo, è un ottima riflessione, ma un po' frettolosa secondo me. Potevano renderla meno "appiccicata" lanciando qualche spunto qui e là nel corso della trama. Ma vabbè.

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  4. Uscii dalla sala in preda all'inquietudine... credo sia giunto il momento di rivederlo!

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  5. Concordo in pieno con la tua rece. Mi piacque moltissimo. Il mio rammarico è Di Caprio, grande attore fin da giovanissimo, il cui handicap è, forse, l'avvenenza o l'essere nato in america.

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    1. Boh, la carriera di Di Caprio si divide tra le parti da ragazzino affascinante biondo e poliziotto/gangster con qualche parente deceduto... Non vedevo l'ora di vederlo in qualche parte diversa, e grazie a Tarantino è successo.

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