Molto spesso, quando si gira un horror in salsa thriller, si
cerca di fare in modo che i personaggi non siano molto intelligenti, in modo
che il killer di turno possa divertirsi come meglio preferisce. Bisogna però
stare attenti a non superare il limite dell’irrealtà, poiché se i personaggi
passano dalla stupidità all’idiozia, la credibilità del film scivola e la
pellicola diventa inefficace. ATM – Trappola Mortale commette proprio questo
errore, enfatizzandolo al massimo con dei dialoghi più che semplici e
decisamente privi di senso. Ma andiamo con ordine. Si potrebbe sorvolare sulla già citata stupidità dei
personaggi, se il film non fosse così lento ed eccessivamente didascalico.
Durante i primi venti minuti, in cui si cerca di presentare i protagonisti, non succede un bel niente e si corre il rischio di annoiare lo spettatore con dialoghi insulsi, non divertenti e adatti solo per la telenovela. Superato questo lungo momento iniziale, il film inizia a svilupparsi e i personaggi, con le loro solite battute prevedibili e ripetitive, si ritrovano finalmente bloccati all’interno del bancomat. Ma se la fotografia di Bengt Jonsson cerca di dare un senso all’atmosfera fredda e spaventosa, la sceneggiatura di Chris Sparling e la recitazione di tutti gli attori fanno in modo che i tre non assomiglino ai personaggi dei classici horror in stileLa Casa , bensì appaiano più come
i tre porcellini messi in trappola dal lupo cattivo. Le loro scelte non hanno
motivazioni, le loro discussioni partono dal nulla e proseguono sempre in
quella direzione, le loro battute non fanno altro che ripetere ciò che la
macchina da presa sta inquadrando, raccontando l’azione e stancando lo
spettatore. Inoltre non si riesce a creare un feeling con nessuno dei tre
protagonisti, tutti troppo sciocchi e anonimi per poter essere apprezzati o
anche solo compresi. Altro lato negativo è un cattivo privo di intensità, senza
un volto da ricordare e senza particolari che possano spaventare. Ghostface,
Freddie Krueger, e Jason vengono completamente accantonati per fare posto ad un
anonimo cappuccio con il pelo, che lo stesso regista usa più volte e in modi diversi, sottolineando involontariamente che non c’è niente da temere da questo
capo d’abbigliamento. La regia, dell’esordiente David Brooks, ci offre giusto
un paio di momenti d’azione interessanti, per poi lasciare il posto a tante
scelte sbagliate, come i cambi di fuoco privi di significato o alcune
inquadrature che non fanno altro che preannunciare ciò che accadrà verso la
fine del film. Gli ultimi tre minuti, poi, sembrano voler giocherellare ancora
un po’ con lo spettatore, prima di lasciare il posto ai tanto desiderati titoli
di coda. I pochi messaggi che tende a lanciare questo film sono fin troppo
retorici e già sentiti più volte, compresa la critica alla video sorveglianza,
che comunque non è raccontata in maniera corretta e un paio di volte può essere
addirittura contestata da un pubblico attento e desideroso di uno script valido
e realistico il più possibile. È proprio il realismo, infatti, che manca in
questa pellicola, la quale risulta in tutto e per tutto un’esagerazione di momenti e
situazioni critiche, che non si lasciano prendere sul serio. Uno studio più approfondito della trama e un piano di regia
studiato meglio avrebbero potuto regalarci ben più di qualche sprazzo
interessante, ma Brooks non ci mette passione non arriva nemmeno ad un’ora e
mezza di durata, nonostante il brodo sia stato allungato oltre ogni limite.
Durante i primi venti minuti, in cui si cerca di presentare i protagonisti, non succede un bel niente e si corre il rischio di annoiare lo spettatore con dialoghi insulsi, non divertenti e adatti solo per la telenovela. Superato questo lungo momento iniziale, il film inizia a svilupparsi e i personaggi, con le loro solite battute prevedibili e ripetitive, si ritrovano finalmente bloccati all’interno del bancomat. Ma se la fotografia di Bengt Jonsson cerca di dare un senso all’atmosfera fredda e spaventosa, la sceneggiatura di Chris Sparling e la recitazione di tutti gli attori fanno in modo che i tre non assomiglino ai personaggi dei classici horror in stile
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