Sarebbe potuta uscire una pellicola interessante dall'opera letteraria di Max Brooks, poiché più di una volta all'interno del film si percepisce che c'è qualcosa di particolare che non viene detto, raccontato o approfondito. World War Z commette il tragico errore di trasformarsi già dopo i primi cinque minuti in una pellicola commerciale ad alto tasso di effetti digitali, dove a farla da padrone è più lo spavento immediato che non la suggestione a lungo termine e nella quale Brad Pitt è stato ingaggiato probabilmente solo perché Will Smith era impegnato, o più probabilmente perché aveva già rovinato gli zombi in un altro scempio cinematografico che porta il titolo di Io sono leggenda e infilare qui lo stesso attore di un film dal plot simile avrebbe creato nello spettatore un confuso senso di deja-vu. Fatto sta che Marc Forster ci mette pochissimo impegno, quel tanto che basta per trasformare questo prodotto in un videogioco a livelli come quelli che si possono trovare nelle sale giochi più scarse del paese, in cui ogni evento è uno schema da superare, con il suo boss da sconfiggere e con l'inevitabile fuga conclusiva per passare a quello successivo.
Ci si dimentica ben presto dell'accennata critica alle forze armate, all'umanità intesa come massa, come branco di formiche, o allo sconfiggere un male con un altro male, per lasciare invece spazio a gag inutili (verbali e fisiche) che hanno il solo scopo di alleggerire la tensione del film per lo spettatore che vuole solo le sparatorie, gli inseguimenti e i mostri (sì, mostri, perché anche se li chiamano zombi questi esseri non lo sono per niente). Se pensate poi che ci sono voluti tre sceneggiatori (Damon Lindelof, Drew Goddard e Matthew Michael Carnahan) per scrivere un riadattamento così piatto, debole, statico, vuoto e inutile, la cosa è anche più grave di quanto si pensi, poiché si sarebbe potuto comprendere ogni minimo errore di script se lo sceneggiatore fosse stato uno, ma questo plot è stato steso a sei mani, il che significa che tre cervelli non sono stati capaci di capire che non stavano scrivendo nulla di emozionante, critico o originale, convinti anzi di stendere probabilmente uno dei blockbuster più curiosi del 2013. Ma non incolpiamo gli sceneggiatori di tutti i problemi del film, perché anche Forster e la sua fastidiosa, casuale e stordente camera a mano hanno le loro colpe. Il regista muove la macchina da presa come fosse un palloncino ad elio che vaga nell'aria senza sosta, lasciando un senso di nausea al pubblico che non riesce a seguire le scene d'azione. Probabilmente l'idea era di stordire lo spettatore così come i protagonisti, confusi da quello che stava succedendo attorno a loro, idea che però può funzionare solo nei primi dieci minuti (non a caso il momento più interessante del film), dopodiché tutto scivola nel banale e nel superfluo, con qualche spunto interessante e qualche immagine aerea non indifferente che non bastano per sollevare la qualità complessiva del film. Il risultato è insomma un filmetto che può anche incuriosire, ma sinceramente impossibile da classificare vicino alle alte vette del cinema che parla di morti viventi, soprattutto con quel finale così rincuorante che stona completamente con quelle tre o quattro tematiche pessimiste inserite precedentemente.
niente di clamoroso, ma a me ha intrattenuto piacevolmente. Certo, il libro è altra cosa.
RispondiEliminaSenza contare che a sceneggiatura originale è di quel geniaccio di Straczinski, autore di uno dei più bei cicli di Spider-man e sceneggiatore di "Changeling" (e anche di "Ninja assassins" duole ammettere).
RispondiEliminaNon è stato accreditato da nessuna parte. Probabilmente è stato lui stesso a non voler figurare in questo scempio.
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