Sappiamo molto bene, a volte anche a nostre spese, che le grandi produzioni hanno l’abitudine di seguire la moda del momento per cercare di arraffarsi una fetta del bottino e incassare quanto più possibile. Lo squalo, nel 1975, è stato un film capace di fare esplodere un nuovo genere horror dedicato agli animali assassini, ai serial killer della natura. Qualche volta tali pellicole erano dei veri e propri scempi (si pensi, ad esempio, ai tre sequel che furono ricavati dal cult movie diretto da Steven Spielberg), altre volte invece si possono ammirare degli ottimi prodotti, capaci anche di fare riflettere in maniera critica nei confronti della società in cui viviamo. Quest'ultimo è proprio questo il caso di Piranha, una pellicola del 1978 che nacque con lo scopo di seguire la suddetta moda, ma che invece superò per qualità e contenuti tutti i suoi rivali e, in parte, anche il sopracitato film del Re Mida di Hollywood.
Con un colpo da maestro, Joe Dante approfitta della situazione e decide di dare vita a questo progetto restando fedele al filone da seguire ma distaccandosene al tempo stesso, realizzando un horror a tutti gli effetti, soprattutto per quanto riguarda le tematiche fortemente critiche nei confronti del sistema americano. In questo film, infatti, non ci si può concentrare su un villain specifico e la paura viene dall’intero mare, poiché i piranha sono tanti e sono dappertutto. Da questo punto di vista, quindi, Dante decide di seguire una giusta rotta dedicando molto tempo ai suoi personaggi e alla loro moralità, concentrandosi sui rapporti tra i vari protagonisti e sulla fantastica critica nei confronti del governo e dell’esercito, pronti entrambi a rischiare ingiustamente delle vite innocenti pur di apparire positivi agli occhi di tutti i loro sostenitori. Interessante, inoltre, la scelta di rendere ogni morte presente nel film tragica e traumatica per tutti gli altri personaggi, il tutto sottolineato ancora di più dai superbi effetti sonori che accompagnano le scene di terrore, sostenuti da una colonna sonora ad opera di Pino Donaggio più che adeguata in ogni momento della pellicola. Ma, se i reparti tecnici fanno del loro meglio per rendere questa pellicola originale e credibile, è indiscutibile il fatto che alla base del progetto ci sia una sceneggiatura solida e mai scontata, scritta da John Sayles (aiutato nella stesura del soggetto da Richard Robinson), ricca di spunti e piena di materiale interessante, capace di fare riflettere lo spettatore in ogni momento. Tutto, infatti, è sempre pronto a degenerare e, ogni volta che il pericolo sembra scampato, ecco che riaffiora una nuova minaccia da sventare, continuando ad incalzare sul ritmo e sulla tensione e coinvolgendo sempre più lo spettatore a livello emotivo. Studiata a puntino, inoltre, la già citata critica nei confronti del Governo che, in ogni momento, viene etichettato come il villain di turno, del quale i piranha sono solo un involontario strumento pronto a mietere vittime innocenti per una causa tutt’altro che buona. Se vi aspettate una pellicola trita e che sa di già visto, Piranha vi lascerà stupiti, perché Joe Dante è stato in grado di rendere innovativo un genere che avrebbe dovuto essere soltanto una moda passeggera. Non aspettatevi le stesse cose dal suo sequel, Piranha Paura che, sebbene sia di James Cameron, viaggia in una direzione totalmente opposta rispetto a questo prototipo. Un grande film riflessivo dall'inizio alla fine, che vi lascerà a bocca aperta e che vi farà sobbalzare dalla sedia ancora oggi; guardatevelo anche solo per stupirvi dell'audacia sia tematica che visiva di questo prodotto, capace di farvi provare dolore utilizzando solo acqua torbida, protesi di plastica, sangue finto e pesci di gomma.
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