Prima del suo famoso e acclamato Moulin Rouge!, il regista australiano Baz Luhrmann ha tentato la strada della rivisitazione originale, spezzando le catene ottocentesche e veronesi di una delle più grandi tragedie della storia del teatro e trasportandola a Los Angeles, giocando con la realmente esistente Venice Beach e inventando una fittizia Verona Beach (entrambe le città italiane sono venete). I Montecchi e i Capuleti diventano due famiglie rivali simbolo del capitalismo americano, colossi industrali che continuano a farsi la guerra ogni volta che possono. Tutto ciò che circonda le due famiglie viene riproposto seguendo la chiave post-moderna che caratterizza questo particolare progetto, il quale ha diviso già da subito gli appassionati della tragedia Shakespeariana tra chi voleva un'opera più fedele e chi invece si è detto incuriosito dall'idea originale. Perché tutto si può dire di questo film tranne che non sia originale, perché Luhrmann decide di riproporre una storia ormai classica e nota a tutti dandole una impostazione visiva e un contesto storico completamente diversi, utilizzando i movimenti di camera al servizio della narrazione e dell'impatto visivo messo in scena.
Il risultato è un lavoro che in un primo momento risulta straniante e forse un po' troppo rocambolesco, ma che dopo qualche minuto fa in modo che il pubblico entri in sintonia con la scelta narrativa e ne rimanga a tratti addirittura folgorato. Merito, questo, di una visionarietà completamente al servizio della storia, dell'epoca degli eccessi e dello sfarzo che continua a marcare in maniera importante (in positivo e negativo) la nostra società. Nonostante gli elogi all'originalità, il lavoro non è esente da difetti, come una spiccata comicità che certamente è un rimando ad alcuni toni shakespeariani, ma che risulta talmente esagerata da diventare più ridicola che grottesca, come rischiano di esserlo qui e là anche alcune scelte di regia. Lo sfarzo, la rivisitazione post-moderna, il giocare con un'opera passata riportandola quasi fedelmente ai giorni nostri, tutto è molto bello o quantomeno curioso, peccato che il "tutto" in Luhrmann si trasformi spesso e volentieri nel "troppo" e quelle continue panoramiche a schiaffo, zoomate frenetiche e movimenti di macchina caotici e fuorvianti possono risultare eccessivi per quegli spettatori che vorrebbero cercare di tornare a casa senza credere di essere saliti su una pessima montagna russa. Tuttavia qualsiasi gioco degli eccessi viene perdonato e compreso nei momenti in cui Luhrmann decide di concentrarsi sui due innamorati, il giovane e bello Leonardo Di Caprio e la fragile e affascinante Claire Danes e, una volta che loro due diventano gli unici e inconfondibili protagonisti delle inquadrature del regista, tutto quello che li circonda sbiadisce, lasciando spazio ad un sentimento puro e genuino che attraversa tempo e spazio e che avvolge passionalmente i due giovani amanti legati da qualcosa di più di ciò che sono nel momento in cui sono nati. Con Romeo + Giulietta Luhrmann rinnega nome e tempo storico della tragedia, concentrandosi sulle romantiche e forti parole che Shakespeare scrisse secoli fa, quasi a dimostrare che tutto perde di spessore di fronte alla rappresentazione più concreta del sentimento più misterioso e più abusato nel mondo dell'arte. E quando i due giovani amanti consumano la loro prima notte di nozze nell'intimità della camera di lei, avvolti dalle bianche coperte del suo letto, quasi ci si dimentica di essere a Los Angeles e sembra invece essersi trasportati nella vera Verona decine e decine di anni prima, mettendo una sorta di punto definitivo sull'infinito discorso dedicato all'universalità dell'amore.
Uno dei film della mia infanzia, lo guardai quando avevo circa dodici anni, amai subito il modo in cui parlavano i protagonisti (poi lessi subito l'opera del Bardo), e l'interpretazione di Harold Perrineau (Mercuzio) è qualcosa che non si dimentica facilmente, il più bravo del film.
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