C’è ben poco da criticare in questo The Truman Show, piccolo grande capolavoro degli anni ‘90. C’è, invece, tanto da
analizzare. Potremmo parlare dell’ottima messa in scena che inserisce qua e là
numerose e volute inquadrature sbagliate per dare al film un significato
televisivo e realistico, quasi come fosse un vero e proprio reality
improvvisato al momento. Magari si potrebbe discutere dell’ottima performance di
Jim Carrey, forse la migliore della sua carriera assieme a quella di Man on the
Moon. Potremmo anche analizzare le ottime musiche e la fantastica fotografia
che accompagnano la visione del film e lo rendono perfetto sotto tutti i punti
di vista.
Ma sarebbero discorsi già fatti. Spingiamoci oltre e concentriamo la nostra attenzione su qualcosa di ben più
dell’aspetto tecnico del film (senza nulla togliere a questo), approfondendo le
varie prospettive analitiche e presentandovi alcuni dei più interessanti
significati metaforici del film. La prima cosa che salta
all’occhio è la presenza di un mondo controllato, seppur fittizio, e della
ricerca umana di assomigliare sempre più a Dio, prendendone il posto e
controllando le vite degli altri. Christof (interpretato da un Ed Harris
sensazionale) non è un personaggio malvagio, è semplicemente ambizioso e
assetato di potere, tanto da mettere a rischio la vita del suo stesso figlio
Truman. Lo stesso nome del protagonista è metaforico, in quanto crasi tra le
due parole inglesi True e Man: il titolo si trasforma quindi in The True Man
Show, una "true" nascosta e da cercare, una "true" fittizia ma trasmessa 24 ore su 24 in mondovisione. Da notare inoltre
come The Truman Show voglia essere una critica alla televisione, ai suoi
programmi venduti alle pubblicità (che trasformano la magia della tv in una
finzione forzata) e basati su idee prive di significati forti e moralmente
etici. Critica ribaltata dalla televisione futura, che ha preso spunto da
questo film e ne ha ideato un palinsesto pieno di reality, telecamere nascoste
e fittizio senso del vero (solo due anni dopo andrà in onda il Grande
Fratello), trasformando The Truman Show da film critico a pellicola profetica.
Ma i temi più interessanti sono sicuramente l’acqua e la luce, elementi
ricorrenti per tutto il film (non a caso a cadere dal cielo è proprio un
faretto e a non funzionare bene è proprio la macchina della pioggia). La luce
viene presentata come un avviso, un simbolo ammonitore che, poco per volta,
spinge i personaggi ad una ricerca (per Truman della libertà, per gli altri del
protagonista scomparso). L’acqua è invece da sempre simbolo di purificazione e
di vita. Truman avrebbe benissimo potuto avere paura del fuoco, mentre è stato
deciso di fargli temere l’acqua, elemento di verità e di salvezza (da tutte
quelle bugie). Il personaggio principale, infine, prenderà proprio il mare per
seguire la sua strada, per trovare la libertà da quegli inganni che lo hanno
tenuto prigioniero per tutto quel tempo. E’ l’acqua il vero villain del film
(non a caso il nome della città è Seahaven), non certo Christof, un uomo
ossessionato dal successo e dalla sua idea malsana di questo tipo di programma
televisivo, privo di potere senza quell’acqua con la quale ha circondato
l’isola, regalando a Truman un mare spaventoso e malvagio, immergendo il tutto
in un oceano di falsità che il protagonista dovrà affrontare con forza e
determinazione per poter riuscire, alla fine, a liberarsi da ogni catena. Peter
Weir riserva l’ultima critica agli spettatori che, invece di indignarsi verso
qualcosa di osceno e moralmente ingiusto, ne sono attratti e interessati a tal
punto di seguirlo persino mentre… dormono! Tra comicità e dramma, Weir si
dimostra il grande regista che è e regala a tutti quanti un film semplice e meraviglioso,
pieno di sentimenti e ottimo argomento di riflessione, ricco di spunti, metafore
e significati nascosti. Significati che vanno cercati in mezzo ad un mare di finzione.
Proprio come ha dovuto fare Truman.
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