23 dicembre 2012

Mimic


Spesso si può intuire la bravura e l’originalità di un regista già dalle sue prime opere, quelle un po’ più commerciali e meno d’autore, nelle quali già a piccole dosi si può notare lo stile che pervaderà la filmografia futura di ogni cineasta. È stato così per filmakers del calibro di Tim Burton e Quentin Tarantino e, rivangando il passato, si può notare tantissimo stile anche nei primi lavori muti di Alfred Hitchcock. Insomma, lentamente ogni regista prende forma in base alle opere che fa, esercitando volutamente o meno la sua influenza in ogni cosa gli venga proposta. Guillermo Del Toro non è da meno e, sebbene la fama arrivi più tardi con la saga dedicata a Hellboy, come anche l’originalità narrativa con i suoi due film dedicati alla guerra civile spagnola rivisitata in chiave fantasy/horror, già dalle prime pellicole possiamo intuire quello che sarà in grado di regalarci questo talentuoso autore.  
Pur con i suoi difetti, Mimic è un prodotto di genere molto interessante, confezionato con cura ed elaborato in maniera originale. La prima cosa da notare sono i temi che pervaderanno poi tutta la filmografia di Del Toro, tra cui l’onnipresenza di un bambino particolare (a volte viaggiano in mondi diversi dal nostro, altre volte sono degli spettri in cerca di vendetta, altre ancora portano consigli a grossi demoni rossi dal cuore infranto), o anche la sequenza ambientata nei sotterranei. In questo caso la metropolitana e una vecchia galleria sono le location dello scontro finale, ma in ogni suo film possiamo trovare qualche sequenza nel sottosuolo, sia con mostri demoniaci da sconfiggere, sia con misteriosi intrighi da scoprire. Ottimo lavoro, inoltre, quello sugli effetti speciali che ci regalano degli scarafaggi giganti veramente convincenti e raccapriccianti, più validi nella versione make-up rispetto a quella digitale, ma sempre orripilanti e repellenti. L’epica delle musiche di Marco Beltrami si sposa perfettamente con la fotografia oscura e priva di luce di Dan Laustsen, i quali fanno un buon lavoro, circondando il cast con un’atmosfera disturbante e tesa in ogni momento. Molto bravi gli attori, che riescono a rendere appassionante ogni personaggio, facendoci affezionare quasi subito alle prede della colonia di scarafaggi giganti, tra le quali spicca un giovane Josh Brolin forse un po’ troppo sprecato per questo ruolo quasi impercettibile. Il lato negativo della pellicola è quello di andare a parare su temi ridondanti e troppo sfruttati nel mondo dell’horror claustrofobico e pieno di mostri del quale Alien è capitano. La pellicola infatti strizza spesso l’occhio al capolavoro di Ridley Scott, grazie a degli esseri bavosi e disgustosi mangiatori di uomini, i quali non sono nient’altro che prede chiuse in uno spazio ridotto che si circoscrive sempre di più durante il corso della narrazione. Dal mondo, infatti, passiamo ad una chiesa sconsacrata, per poi rinchiuderci in una metropolitana abbandonata, fino a trovarci costretti in un minuscolo vagone in disuso, preso sotto attacco dagli enormi Judas. In questa pellicola, quindi, Del Toro vende il suo stile ancora da affermare alla Hollywood classica, confezionando un prodotto di genere complessivamente piacevole, che ha il suo maggiore pregio nell’estetica che l’autore ha voluto fare emergere da una storia fatta solo per incassare quanto più possibile, pronta ad essere sfruttata fino all’osso con due sequel abbastanza trascurabili.


2 commenti:

  1. A me Del Toro piace molto, ma questo film mi ha detto davvero pochissimo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come ho detto, il "Tanta robba" arriverà dopo. A livello visivo mi è piaciuto tanto!

      Elimina