Spesso si può intuire la bravura e l’originalità di un
regista già dalle sue prime opere, quelle un po’ più commerciali e meno
d’autore, nelle quali già a piccole dosi si può notare lo stile che pervaderà la filmografia futura di ogni cineasta. È stato così per filmakers del calibro
di Tim Burton e Quentin Tarantino e, rivangando il passato, si può notare
tantissimo stile anche nei primi lavori muti di Alfred Hitchcock. Insomma,
lentamente ogni regista prende forma in base alle opere che fa, esercitando volutamente
o meno la sua influenza in ogni cosa gli venga proposta. Guillermo Del Toro non
è da meno e, sebbene la fama arrivi più tardi con la saga dedicata a Hellboy,
come anche l’originalità narrativa con i suoi due film dedicati alla guerra
civile spagnola rivisitata in chiave fantasy/horror, già dalle prime pellicole
possiamo intuire quello che sarà in grado di regalarci questo talentuoso autore.
Pur con i suoi difetti, Mimic è un prodotto di genere molto
interessante, confezionato con cura ed elaborato in maniera originale. La prima
cosa da notare sono i temi che pervaderanno poi tutta la filmografia di Del
Toro, tra cui l’onnipresenza di un bambino particolare (a volte viaggiano in
mondi diversi dal nostro, altre volte sono degli spettri in cerca di vendetta,
altre ancora portano consigli a grossi demoni rossi dal cuore infranto), o
anche la sequenza ambientata nei sotterranei. In questo caso la metropolitana e
una vecchia galleria sono le location dello scontro finale, ma in ogni suo film
possiamo trovare qualche sequenza nel sottosuolo, sia con mostri demoniaci da
sconfiggere, sia con misteriosi intrighi da scoprire. Ottimo lavoro, inoltre,
quello sugli effetti speciali che ci regalano degli scarafaggi giganti
veramente convincenti e raccapriccianti, più validi nella versione make-up
rispetto a quella digitale, ma sempre orripilanti e repellenti. L’epica delle
musiche di Marco Beltrami si sposa perfettamente con la fotografia oscura e
priva di luce di Dan Laustsen, i quali fanno un buon lavoro, circondando il
cast con un’atmosfera disturbante e tesa in ogni momento. Molto bravi gli
attori, che riescono a rendere appassionante ogni personaggio, facendoci
affezionare quasi subito alle prede della colonia di scarafaggi giganti, tra le
quali spicca un giovane Josh Brolin forse un po’ troppo sprecato per questo
ruolo quasi impercettibile. Il lato negativo della pellicola è quello di andare
a parare su temi ridondanti e troppo sfruttati nel mondo dell’horror
claustrofobico e pieno di mostri del quale Alien è capitano. La pellicola
infatti strizza spesso l’occhio al capolavoro di Ridley Scott, grazie a degli
esseri bavosi e disgustosi mangiatori di uomini, i quali non sono nient’altro che
prede chiuse in uno spazio ridotto che si circoscrive sempre di più durante il corso della narrazione. Dal
mondo, infatti, passiamo ad una chiesa sconsacrata, per poi rinchiuderci in una
metropolitana abbandonata, fino a trovarci costretti in un minuscolo vagone in
disuso, preso sotto attacco dagli enormi Judas. In questa pellicola, quindi, Del Toro vende il suo stile
ancora da affermare alla Hollywood classica, confezionando un prodotto di
genere complessivamente piacevole, che ha il suo maggiore pregio nell’estetica
che l’autore ha voluto fare emergere da una storia fatta solo per incassare
quanto più possibile, pronta ad essere sfruttata fino all’osso con due sequel
abbastanza trascurabili.
A me Del Toro piace molto, ma questo film mi ha detto davvero pochissimo.
RispondiEliminaCome ho detto, il "Tanta robba" arriverà dopo. A livello visivo mi è piaciuto tanto!
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