Quando un regista assume uno
stile che risulta carino e semplice, non è detto che sia sempre così. Magari è
la sceneggiatura a chiedere quello stile per rendere il film al meglio, magari
è il fatto che il regista sia agli inizi. In ogni caso, finché non ti delude del
tutto, tienilo sotto controllo, perché lo stile “carino” può trasformarsi in
“interessante”, per poi diventare qualcosa di più. Shawn Levy non ha impresso
nessuno stile particolare nelle sue pellicole precedenti, ma con Real Steel
riesce a concentrarsi al meglio per fare esplodere un film veramente
fantastico. A vederlo così, sembrerebbe un tipico prodotto per bambini, con i robot giganti che si
scontrano e i genitori che capiscono i loro sbagli. Sarebbe un grave errore
sminuire le potenzialità di questa pellicola in questo modo. C’è ben più di un rapporto padre–figlio da
risaldare in questo film. Shawn Levy recupera il racconto breve scritto da
Richard Matheson e ne fa un film visivamente impeccabile, giocando con le
inquadrature e con la storia, livellando al meglio i climax durante lo
svolgimento di tutto il film.
Tanto di cappello alla
sceneggiatura di John Gatins, che dimostra una delicatezza nella stesura unita
a una precisione nei dettagli veramente perfetta, trasformando un potenziale
filmetto in qualcosa di (no, non mi vergogno a dirlo) epico. Sono tantissime le sequenze
interessanti, come lo scivolone di Max, il ritrovamento di Atom, e
l’emozionante combattimento finale sul ring, e anche se i temi non sono poi
così innovativi (la rivalsa del più forte sul più debole, il genitore che
capisce quanto sia importante suo figlio, il trovare la forza per sollevarsi
dal fondo del barile), essi ci vengono presentati in maniera del tutto originale, con
uno Hugh Jackman finalmente ritrovato al di fuori degli artigli
di Wolverine. La CGI è precisa e convincente, e non si nota la
differenza tra robot digitali e robot creati sul serio (incredibile ma vero,
non è tutta computer grafica), e le sfide tra i robot, dalla prima all’ultima,
sono calibrate minuziosamente, rese ancora più avvincenti dalle musiche di uno
dei geni di Hollywood, Danny Elfman. Ma se l’aspetto di Real Steel è
stilisticamente e tecnicamente vincente, altrettanto lo sono i suoi messaggi.
Levy incentra la storia sul rapporto tra padre e figlio, ma sottolinea in ogni
momento una suddivisione netta tra buoni e cattivi, punendo questi ultimi come
Dante fa con i dannati dell’inferno. I temi, ripeto, sono semplici, visti e
rivisti, ma la storia e le morali penetrano sotto la pelle dello spettatore
grazie alle interpretazioni fenomenali del già citato Hugh Jackman e del cast
che gli ruota attorno, dove spicca un Dakota Goyo sicuro di sé e pieno di
promesse da regalarci. Tra Rocky, Toro Scatenato e altre
citazioni di film non meno importanti, Shawn Levy ci regala, insomma, una pellicola veramente toccante, emotivamente coinvolgente e visivamente stupenda, merito
anche della produzione di Steven Spielberg e Robert Zemeckis che hanno permesso
di realizzare questo piccolo, grande capolavoro senza esitare nemmeno un
attimo, credendo fino in fondo nella storia di Matheson, nello script di John
Gatins e nel potenziale finora inesploso del regista di Una Notte al Museo, un
potenziale che pervade la pellicola e regala al pubblico un inaspettato
successo cinematografico.
Ah, è tratto da un racconto di Matheson? Proprio non lo sapevo!
RispondiEliminaQuesto dovrebbe far crescere l'interesse in te nei confronti di questo film, giusto? Comprato ieri in DVD a 10 euro tondi, assieme ad Hunger Games, Dark Shadows e War Horse. 10 euro cadauno.
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