Ritornato dietro la macchina da presa dopo lo storico successo planetario di Titanic, il regista e sceneggiatore americano James Cameron decide di tentare nuovamente la strada del botteghino, offrendo al pubblico una storia semplice - che si potrebbe definire anche classica sotto un certo punto di vista - e dando tutta l'importanza alla novità tecnica, ovvero una motion capture impeccabile e, soprattutto, una nuova versione della tecnologia stereoscopica. Tentata più e più volte dalla settima arte, questa tecnica non aveva mai avuto un grande successo, ma Cameron decide di realizzare una nuova macchina da presa creata appositamente per le riprese in 3D nativo. Ciò che ci dà, quindi, con questo Avatar, è la stessa storia del suo precedente blockbuster campione d'incassi (l'amore impossibile tra due persone provenienti da due mondi o ceti diversi) raccontata però dalla tecnologia innovativa della motion capture (utilizzata da Peter Jackson e da Robert Zemeckis prima) che ripropone in maniera fedele i tratti degli attori che si prestano a dare la loro performance alle controparti digitali, come Sam Worthington e Zoe Saldana, protagonisti di questa romantica ed efficace storia d'amore.
Ma nonostante gli elogi e l'enorme successo commerciale raggiunto (attualmente è il maggior incasso storico), la pellicola non è esente da alcuni difetti che sarebbe più corretto definire semplicismi, come una messa in scena al servizio del ralenti e della spettacolarità scenografica (complimenti al regista per il design e la creazione di un mondo mistico ed accattivante come Pandora) e, soprattutto, il background del protagonista. Jake Sully, interpretato dal già citato Worthington, viene trasportato su Pandora quasi per sbaglio e di lui conosciamo solo la componente negativa e deprimente del suo passato: questo per fare in modo che il pubblico entri più facilmente in empatia con il personaggio e per essere affascinati dal nuovo e perfetto pianeta (troppo perfetto, nemmeno un lato negativo, su Pandora) che catturerà per sempre il protagonista e non lo farà più tornare indietro. Anche le musiche di James Horner sono abbastanza semplici e poco innovative, nonostante svolgano il loro compito in maniera valida e accompagnino quel miscuglio di luci fluorescenti e colori sgargianti nel migliore dei modi. Ma tutto quanto ad uno spettatore desideroso di novità potrebbe risultare già visto e poco coinvolgente, per cui Avatar, nonostante l'enorme afflusso di gente in sala, ha comunque la sua fetta di detrattori che si aspettavano qualcosa di più dal ritorno alla fantascienza del creatore di Terminator e regista di Aliens - Scontro Finale. Magari Cameron ha tenuto le aspettative degli spettatori troppo alte durante la campagna promozionale, ma non si può dire che il trailer descrivesse qualcosa di fasullo rispetto a ciò che si vede nel film. Tanta tecnica, un'ottima mano, qualche banalità nella realizzazione complessiva, ma alla fin fine questi alieni blu se la cavano egregiamente e portano il risultato a casa, sfruttando anche alcuni temi di gusto comune come una facilmente condivisibile parabola ambientalista e antimilitarista che, affiancata ad un protagonista pseudo-malvagio in via di redenzione, ad un mondo che realizza i suoi più reconditi sogni e alla sempre efficace storia d'amore impossibile, riempie il film con qualcosa di più della mera estetica visiva. E, anche se questi messaggi possono apparire triti, semplici, magari sciocchi, ben vengano se a portarli al pubblico è il film più visto e che detiene il record di maggiore incasso nella storia del cinema.
La Schifezza suprema!
RispondiEliminaEh, addirittura... E Dylan Dog? E Biancaneve e il Cacciatore? :P
Eliminacomplimenti vedo che hai capito il messaggio del film
EliminaA me ha sempre divertito, tuttora credo di essere uno dei pochi che, come te, ha saputo prenderlo nella giusta maniera.
RispondiEliminaCerto che hai scelto però la locandina più brutta in circolazione...
Se Worthington è brutto io non posso farci niente.
Eliminaquesto film mi è piaciuto molto
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