29 settembre 2013

Una Fragile Armonia

Lentamente, una leggera dissolvenza apre il film e ci trasforma da pubblico di una sala cinematografica a pubblico di un teatro in cui sta per esibirsi il Fugue, il quartetto d'archi protagonista di questo dramma mai zuccheroso e mai troppo triste, sempre pacato e preciso nella sua narrazione. Un'opera che racchiude un modo di fare cinema misurato e sempre ben delineato, che non eccede in nessuna delle sue scelte, sia che si parli di musica, che di rapporti umani, che di cambiamenti drastici nella vita di un essere umano. Ottime sono le scelte dei quattro attori protagonisti che compongono il quartetto, dall'ammalato Christopher Walken che, con il suo imprevisto morbo di Parkinson, sarà la molla che farà traballare tutto il gruppo, alla fragile e insicura Catherine Keener, all'esibizionista Philip Seymour Hoffman fino al metodico e paranoico Mark Ivanir, primo violino del quartetto e la persona emotivamente più chiusa e meno passionale tra i quattro.
Insieme hanno un'affinità musicale perfetta (come descritto dalla figlia di due membri del gruppo impersonata da Imogen Poots), ma dietro alla perfezione si nascondono risvolti incredibili che il pubblico, seduto nella platea di un teatro, non potrà mai comprendere. Tradimenti, matrimoni in rovina, folli amori che non si curano della differenza d'età, malattie che arrivano improvvisamente e che cambiano le sorti di ognuno dei personaggi mostrati durante il corso della pellicola, ma che lasciano che lo spettatore non venga sopraffatto e quindi annoiato da un eccesso di emozioni, dando il tempo per assimilare tutto senza che qualcosa sovrasti qualcos'altro. Da questo punto di vista Yaron Zilberman, soggettista, regista e sceneggiatore (aiutato nella stesura da Seth Grossman) riesce a narrare senza dare priorità a qualcuno, ma offrendo la stessa importanza ad ogni personaggio ed evitando di prendere posizione, perché il tutto sta nell'alchimia perfetta tra i quattro sia nelle loro esibizioni che nella narrazione della pellicola, per cui non può esserci una voce che sovrasta le altre nemmeno nello sviluppo della storia, trasformando quindi tutti in protagonisti e facendo in modo che si passino il testimone in maniera rispettosa e, come ormai detto già troppe volte, pacata. Quattro personaggi, quindi: un primo violino che vede la sua metodicità messa in pericolo dall'arrivo di una donna, che guarda caso è la figlia del secondo violino, il quale si sente bloccato in un ruolo che non lo valorizza e vorrebbe, almeno una volta, guidare il quartetto, e della viola, triste voce collante della sinfonia che non riesce a dare una concretezza ai suoi desideri e alle sue passioni e che si accontenta di ciò che ha. Infine un violencello, saggio, super partes, a cui interessa solo il bene dell'insieme e che suona per completare la melodia, nonostante i suoi problemi fisici e mentali. Quattro strumenti che diventano estensione perfetta dei quattro personaggi delineati brevemente qua sopra e descritti perfettamente in Una Fragile Armonia, il quale nonostante qualche leggero calo di ritmo riesce ad essere un eccezionale lavoro delicato e soave, triste e malinconico ma mai troppo, pronto ad offrirvi qualche spunto di riflessione a fine visione e a lasciare, nonostante la miriade di momenti negativi affrontati dai personaggi, un messaggio abbastanza positivo.


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