4 giugno 2013

My Name is Tanino

Ogni volta che si parla di Paolo Virzì c'è sempre chi lo venera e chi lo odia e, nonostante abbia fatto qualche film veramente degno di nota e alcune commedie minori comunque apprezzabili, il troppo venerarlo equivale al troppo odiarlo, e forse è anche peggio. Perché nel momento in cui ci si trova di fronte ad un film semplice, anche un po' debole, ammiccante e che tenta di distruggere il "sogno italiano" (il tu vuò fa' l'americano che ci portiamo appresso da molto tempo) come My Name is Tanino, ecco che tale pellicola viene elogiata a quasi capolavoro, quando la mia sensazione personale è stata quella di sentirmi preso in giro, in primis dai dialoghi - soprattutto dalle battute di Tanino. Passi che lui, Corrado Fortuna, parli mezzo italiano mezzo inglese a causa di una non completa padronanza della lingua, ma che debba ripetere due volte (una in inglese e una in italiano) qualsiasi stupidata che non sia thank you perché sennò il pubblico medio non lo capisce mi è sembrato davvero troppo.
Senza contare poi il siparietto terribilmente classico della tipica famiglia americana, quella del marito tradito col fucile in mano, il cane in giardino, la figlia perfetta, la bambina fastidiosa ma sotto sotto dolce, la moglie adultera che se ne va col fratello di lui, il tutto attorniato dal più classico misunderstanding tipico di Neri Parenti, che qui dovrebbe però essere giustificato perché alla fine Tanino è solo un povero ragazzo ingenuo che solo ora impara a conoscere il mondo e che si sta trasformando in quella terribile bestia egoista che è l'uomo contemporaneo. Insomma, i ragazzi sono buoni finché non vengono corrotti dal mondo degli adulti? E l'America dovrebbe rappresentare l'età adulta mentre l'Italia la gioventù ingenua e bellissima? E gli americani sono tutti grassi, ciccioni, cattivi e approfittatori a meno che non siano biondi, belli, snelli e gentili? L'ambizioso progetto transoceanico di Paolo Virzì crolla come un castello di carte perché, se grossomodo nelle pellicole dal sapore più nostrano si dimostra a conoscenza della materia che sta trattando, qui sembra che lui voglia tirare fuori qualche discorso tipico del nostro Bel Paese utilizzando però paragoni e metafore stucchevoli ed esagerate, troppo semplici e superficiali. È scontato mettere in scena una cultura italo-americana mezza mafiosa e pseudo-moralista e utilizzarla come unità di misura per giudicare chi sono veramente i buoni e chi i cattivi, allo stesso modo risulta banale la critica all'attivismo politico italiano che si discosta totalmente dai divertimenti (?) dei giovani, guardandoli con occhio accusatore e parlando di tutto senza però fare effettivamente niente. Se comunque nelle altre pellicole c'era sempre qualcosa che poteva rimandare a significati interessanti e a discorsi non così frivoli, in My Name is Tanino il tutto è al servizio del siparietto comico e non basta fare del protagonista un aspirante cineasta per rendere il lavoro più personale e coinvolgente. Un film che si lascia guardare e che durante la prima parte strappa pure qualche risata, ma che alla fin fine non racconta niente che non sia già stato detto in modi migliori e con toni più aspri. Alcuni di voi potrebbero dire Beh, ma è Virzì, va preso per quello che è e io potrei pure concordare, non fosse per il fatto che Virzì ha dimostrato più volte di sapere fare il suo lavoro, per cui mi aspetto almeno qualcosina di interessante da lui, soprattutto se mi mette in scena l'America.

2 commenti:

  1. Gran delusione anche per me. Più che altro, il film è finito e io mi sono detto: "E allora...?"

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece mi sono proprio sentito preso in giro da un Virzì che crede che il suo pubblico sia fatto di persone mediocri che non riescono a fare due più due. Quei tre concetti interessanti li fa spiattellare dalla voce fuori campo così non c'è più niente su cui parlare. BAH.

      Elimina