Pur con qualche calo di ritmo qua e là, 50 e50 – All we need is love riesce ad essere uno dei migliori film dell'anno scorso, soprattutto grazie al suo cast. Ma andiamo con ordine. Jonathan Levine, già regista del criticato e osannato Fa' la cosa sbagliata, si ritrova una sceneggiatura dell’esordiente scrittore Will Reiser, che si affaccia per la prima volta nel mondo degli script cinematografici e riesce a vincere la sfida creando una storia intrigante, ricca di picchi di humor e dramma, piena di sentimento e di realismo. La fortuna di Reiser, che è anche quella di Levine, è di aver trovato degli attori più che validi per portare sul grande schermo un’arma a doppio taglio quale è questo film. Parlare di cancro ironizzando sulla situazione è una cosa molto rischiosa, soprattutto perché potrebbe accendere l’ira di tutte quelle persone che hanno vissuto un dramma simile e che sanno cosa significhi convivere con un malato di questo tipo.
Ma Joseph Gordon-Levitt dimostra per l’ennesima volta (come se ce ne fosse ancora bisogno) di essere all’altezza del suo ruolo, di riuscire a calarsi al meglio nella parte e di raccontare nella maniera più naturale possibile la disperazione, la rassegnazione e la forza di volontà di un personaggio afflitto dal cancro. C’è poi l’apprensiva Angelica Huston che mette in scena una mamma fatalmente colpita per la seconda volta al cuore, dopo che suo marito è stato colto dall’Alzheimer. Leggermente più sottotono il personaggio bidimensionale di Bryce Dallas Howard ma che, proprio a causa della sua monocromia, funziona molto bene regalandoci una ex-fidanzata troppo presa dal rendere la sua vita un capolavoro per prendersi cura del suo ragazzo. Nota di merito ad Anna Kendrick che, dopo Tra le nuvole, ci regala un nuovo personaggio apparentemente insulso e freddo ma con un gran cuore e ricco di interesse verso tutto ciò che la circonda (speriamo, però, che non resti rinchiusa per tutta la vita in questi ruoli). Dulcis in fundo, Seth Rogen: chi non vorrebbe un amico così? Da The Green Hornet a Zack & Miri – Amore… a primo sesso, l’attore arricchisce ogni pellicola in cui lavora con un crescendo di comicità, regalando interpretazioni favolose e sempre differenti, con una mimica fisica e facciale davvero impressionante e quasi indispensabile (sarebbe stato divertente trovare nei titoli di coda “un ringraziamento speciale alle sopracciglia di Seth Rogen”). Con un cast di questo calibro, quindi, Jonathan Levine riesce a mettere in atto un piano di regia completamente al servizio dei suoi personaggi e dei rapporti che intercorrono tra loro, i quali sono il fulcro vero e proprio della storia, e riescono a fare una profonda analisi di ogni tipo di reazione nei confronti di notizie così drastiche e sconvolgenti. Se proprio vogliamo essere precisi, stonano leggermente alcuni tratti troppo classici e prevedibili, tipici della commedia americana. Ma questa, per Reiser, è la prima sceneggiatura, ed è inutile sottolineare nuovamente che se l’è cavata in maniera davvero convincente.
Ma Joseph Gordon-Levitt dimostra per l’ennesima volta (come se ce ne fosse ancora bisogno) di essere all’altezza del suo ruolo, di riuscire a calarsi al meglio nella parte e di raccontare nella maniera più naturale possibile la disperazione, la rassegnazione e la forza di volontà di un personaggio afflitto dal cancro. C’è poi l’apprensiva Angelica Huston che mette in scena una mamma fatalmente colpita per la seconda volta al cuore, dopo che suo marito è stato colto dall’Alzheimer. Leggermente più sottotono il personaggio bidimensionale di Bryce Dallas Howard ma che, proprio a causa della sua monocromia, funziona molto bene regalandoci una ex-fidanzata troppo presa dal rendere la sua vita un capolavoro per prendersi cura del suo ragazzo. Nota di merito ad Anna Kendrick che, dopo Tra le nuvole, ci regala un nuovo personaggio apparentemente insulso e freddo ma con un gran cuore e ricco di interesse verso tutto ciò che la circonda (speriamo, però, che non resti rinchiusa per tutta la vita in questi ruoli). Dulcis in fundo, Seth Rogen: chi non vorrebbe un amico così? Da The Green Hornet a Zack & Miri – Amore… a primo sesso, l’attore arricchisce ogni pellicola in cui lavora con un crescendo di comicità, regalando interpretazioni favolose e sempre differenti, con una mimica fisica e facciale davvero impressionante e quasi indispensabile (sarebbe stato divertente trovare nei titoli di coda “un ringraziamento speciale alle sopracciglia di Seth Rogen”). Con un cast di questo calibro, quindi, Jonathan Levine riesce a mettere in atto un piano di regia completamente al servizio dei suoi personaggi e dei rapporti che intercorrono tra loro, i quali sono il fulcro vero e proprio della storia, e riescono a fare una profonda analisi di ogni tipo di reazione nei confronti di notizie così drastiche e sconvolgenti. Se proprio vogliamo essere precisi, stonano leggermente alcuni tratti troppo classici e prevedibili, tipici della commedia americana. Ma questa, per Reiser, è la prima sceneggiatura, ed è inutile sottolineare nuovamente che se l’è cavata in maniera davvero convincente.
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