Fin dai suoi primi film Alfred Hitchcock non ci ha mai abituato a trame semplici,
ma ha sempre cercato di dare il meglio di sé sia in sceneggiatura che in regia.
In Io ti salverò, ad esempio, troviamo uno dei primi esperimenti di viaggio
all’interno del mondo dei sogni, nascosto dal regista con un contorno
psicoanalitico in salsa thriller. Hitchcock dirige uno dei migliori film
della sua carriera, nonché una delle sue più acclamate opere, sia da parte del
pubblico che da parte della critica. Nominato a sei Premi Oscar e vincitore
della Miglior Colonna Sonora ad opera di Miklòs Ròzsa, la pellicola mette in
gioco una nuova versione del tanto amato tema della doppia personalità.
Se in Psyco avevamo un folle che credeva di essere due persone, qui abbiamo un tormentato Gregory Peck ignaro di ciò che era e stupito nel ritrovarsi ad impersonare uno psicologo che a malapena ricorda. Sarà la sua amata Ingrid Bergman ad entrare nella mente dell’uomo per scoprirne i segreti celati da un vecchio trauma infantile e, inoltre, per salvargli la vita e la fedina penale. Simbolico in maniera ossessiva, qui Hitchcock gioca al meglio la carta della ripresa soggettiva, grazie alla quale il pubblico si impersona ancora di più con i personaggi e riesce ad entrare anche fisicamente nella loro testa, vedendo ciò che vedono loro e sentendosi proprio come Peck, all’interno di un corpo che non gli appartiene. Emblematica, per questo, la drammatica inquadratura della gigantesca mano finta che impugna una pistola puntata versola Bergman , pronta a ruotare
di 360° per ritrovarsi verso gli occhi sconvolti dello spettatore. Ciò che non
manca sono inoltre i momenti ironici, dove la tensione si alleggerisce per
lasciare respirare un po’ il pubblico, riempito da forse troppe teorie
psicanalitiche e da una suspense sempre pronta a tendere i nervi di chi guarda
il film. Hitchcock entra in questo film nel mondo dei sogni, facendosi aiutare
dall’artista surrealista Salvador Dalì che, con la sua mano abile e virtuosa,
ci regala una delle più memorabili sequenze oniriche della storia del cinema,
forse il vero motivo per cui questo film è ancora oggi ricordato. Con questo lavoro, l’autore inglese ci offre una interessante
storia che mescola amore, intrighi, gelosia, insanità mentale, tensione e ritmo
in maniera talmente ottima da stupire ogni volta che lo si guarda, originale
nel suo modo di abbandonare il sogno visto come una nebbia che distorce il quadro per
entrare invece nel dettaglio preciso di ogni particolare onirico immaginato dal
personaggio durante la notte. La Collana Cineteca
l'ha riportato in auge da poco in una nuova edizione DVD, ma se riuscite a trovarla è altrettanto valida anche l'edizione Home Video della Ermitage, con la sua cover turchese.
Se in Psyco avevamo un folle che credeva di essere due persone, qui abbiamo un tormentato Gregory Peck ignaro di ciò che era e stupito nel ritrovarsi ad impersonare uno psicologo che a malapena ricorda. Sarà la sua amata Ingrid Bergman ad entrare nella mente dell’uomo per scoprirne i segreti celati da un vecchio trauma infantile e, inoltre, per salvargli la vita e la fedina penale. Simbolico in maniera ossessiva, qui Hitchcock gioca al meglio la carta della ripresa soggettiva, grazie alla quale il pubblico si impersona ancora di più con i personaggi e riesce ad entrare anche fisicamente nella loro testa, vedendo ciò che vedono loro e sentendosi proprio come Peck, all’interno di un corpo che non gli appartiene. Emblematica, per questo, la drammatica inquadratura della gigantesca mano finta che impugna una pistola puntata verso
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