Quando si annunciano progetti del genere avvisando che si sarebbero prese le dovute distanze rispetto al fallimentare prototipo e sottolineando più volte che si sarebbe data molta importanza al vero volto del protagonista, ci si aspetta sempre di trovare quello che è stato preannunciato. Purtroppo però ancora una volta l'iconico artigliato canadese non viene sfruttato come merita e si ritrova di nuovo imbrigliato in un progetto commerciale e incompleto. Nemmeno il nome del premio Oscar Christopher McQuarrie alla sceneggiatura (rivisitata, precedentemente scritta da Mark Bomback e Scott Frank) riesce a dare quel tocco in più ad una trama striminzita e leggera, priva di personaggi profondi o di tematiche interessanti. Il passato di Wolverine viene utilizzato in maniera incolore senza lasciare qualche piccolo stralcio all'immaginazione dello spettatore, svelando ogni piccolo dettaglio narrativo e regalando un film privo di mistero o di qualsivoglia suspense, a causa di uno sviluppo sia della storia che dei personaggi decisamente troppo superficiale e prevedibile, soprattutto per quanto riguarda i cattivi macchiettistici e privi spessore (il personaggio di Viper su tutti, quasi ad intendere che ci voleva una bella biondona vestita di verde smeraldo e messa sui tacchi a spillo per alzare la qualità del film).
Nemmeno la mano di James Mangold riesce a dare qualcosa in più ad un film che non è altro che un compitino assegnato mai svolto in maniera egregia e a tratti eseguito anche con troppa facilità (si pensi alle sequenze di fuga girate con una camera a mano altamente fastidiosa e caotica, incapace di rendere le inquadrature e i movimenti comprensibili al pubblico). Nonostante l'ottima fotografia di Ross Emery, vero punto forte dell'intero progetto, sembra quasi che Wolverine - L'immortale non sappia quale strada intraprendere o non voglia scegliere una direzione principale da seguire. C'è tanta azione ma non troppa, la comicità è presente ma fino a un certo punto, il lato splatter non manca ma è appena accennato... Insomma, Mangold non riesce a focalizzare la sua attenzione verso una concretezza estetica, probabilmente anche a causa di alcune imposizioni da parte della produzione, e il risultato finale non è altro che un pasticcio attraente ma mai convincente, ammiccante ma sempre debole e impreparato ad osare, una pellicola che racconta il vero tormento di Logan solo per metà e in maniera terribilmente banale. Certo, per i fan più appassionati della saga e del personaggio è sempre un piacere rivedere il bravissimo Hugh Jackman nei panni di colui che l'ha consacrato ad attore acclamato e richiesto, per merito del quale è diventato un attore richiesto da tanti registi, tuttavia la presenza fisica di Jackman non basta a mantenere alta la qualità della pellicola, nonostante la sua notevole e sempre ben visibile possanza muscolare. Per fortuna (dei fan) Mangold si salva in corner, regalando dopo i titoli di coda un easter egg eccezionale che riporta cuore e mente degli appassionati al lontano 2000, anno in cui uscì il primo X-Men diretto da Bryan Singer, il quale tornerà ancora una volta dietro la macchina da presa con X-Men: Days of the future past. Se cercavate il vero Wolverine e il suo lato oscuro all'interno di questa pellicola, lo troverete solo in parte e appena abbozzato, al servizio di un film che segna un altro parziale buco nell'acqua all'interno della saga cinematografica dei mutanti, la quale tra alti e bassi continua imperterrita per le sue molteplici strade.
L'easter-egg è stato la parte migliore del film - e sta qui la cosa triste... Il resto, dai, passabile, ma come dici tu nulla di che.
RispondiEliminaE dire che nella promozione Mangold aveva parlato di Kurosawa e Leone come maestri ispiratori...
Perlomeno Gavin Hood non si era dato così tante arie...
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