26 febbraio 2013

Anna Karenina

Inizio dirompente e a tratti anche un po' comico per Anna Karenina, pellicola che si trasforma ben presto in un dramma romantico e porta sullo schermo le tematiche dell'opera letteraria di Lev Tolstoj nel migliore dei modi. Protagonista principale di questa nuova versione filmica di una delle storie russe più note è senza dubbio la sfarzosa messa in scena ideata dal regista Joe Wright e realizzata da Jacqueline Durran ai costumi (premiata con l'Oscar per il suo lavoro) e da Sarah Greenwood e Katie Spencer alle sontuose scenografie. Interamente girato in teatro di posa, Anna Karenina racconta la storia dell'omonima protagonista costretta a vivere all'interno di una società che lascia spazio alla sola apparenza, all'importanza dei nomi e che vive nel bigottismo più sfrenato, soffocando i sentimenti più puri e istintivi come l'amore di una donna per un uomo. Keira Knightley torna ancora una volta come protagonista di un film in costumi d'epoca e riesce a sostenere il peso della parte solamente a metà, ovvero nelle scene più emotive in cui l'impegno è più che necessario e, allo stesso tempo, più che riconosciuto.
Affiancata da un irriconoscibile  e misericordioso Jude Law e da un sensuale Aaron Taylor-Johnston (impressionante quanto questo giovane attore riesca a mutare il suo viso, risultando diverso per ogni performance che offre), la Knightley regala una delle sue più valide interpretazioni, dimostrando di riuscire ad accantonare i panni della pop-star piratesca quando lo vuole veramente. Ciò che scricchiola è la sceneggiatura di questo film, scritta da un nome come Tom Stoppard, il quale stende un secondo atto a tratti decisamente soporifero, inserito all'interno di altri due tempi dal ritmo molto più sostenuto. A farla da padrone, quindi, è la visionarietà del regista Joe Wright, che con la sua scelta di girare in un teatro di posa realizza una nuova visione della trama, raccontando in maniera meta-teatrale (o meta-cinematografica, se preferite) la storia di Anna e della società in cui vive, costituita da persone fisse, immobili, false come maschere teatrali e come gli esterni rappresentati da finti fondali dipinti, tranne l'unico vero cielo presente nella sequenza del picnic di Anna e del suo amante, l'unico momento di libertà da ogni legame sociale e da ogni obbligo morale e civile, la prima vera boccata d'aria fresca per un personaggio incatenato al suo ruolo di moglie scontenta e desiderosa di qualcosa di nuovo. L'italiano Dario Marianelli firma delle musiche sempre pronte ad evidenziare ogni momento, a tratti diegetiche e a tratti d'accompagnamento, che riescono a rendere omaggio alla messa in scena posata e sempre ben studiata di Wright, pronto a regalarci degli interessanti momenti di regia grazie a piani sequenza ottimi, alle scenografie in continuo movimento e ai salti temporali e spaziali che fa compiere ai suoi personaggi. A metà tra il teatro e il cinema, Anna Karenina si affianca a Les Misérables, altro film ottimo a livello visivo ma che ha fatto discutere per il suo essere "teatro da grande schermo". Entrambe pellicole da non perdere in sala, se si vuole godere della straordinaria innovazione visiva che sia Wright che Hooper hanno apportato con i loro film. Il primo ha vinto un Oscar (già citato sopra), il secondo si è portato a casa tre statuette.


2 commenti:

  1. Visto ora. Mi ha colpito in positivo, anche se la messa in scena teatrala alla lunga stanca, ma gli attori sono tutti bravissimi. Sperimentalismo fine a sé stesso forse, ma di gran classe.

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    1. Perché fine a sé stesso? Io l'ho trovato molto coerente con i temi raccontati dalla storia di Tolstoj

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